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Questo articolo è stato pubblicato il 01 agosto 2010 alle ore 08:07.
Poltrone e strapuntini. Ruoli chiave e posti di sottogoverno parlamentare. Nella spartizione di beni e incarichi tra pidiellini e deputati di rito finiano del neonato gruppo Futuro e libertà per l'Italia, ci sarà presto un'altra partita tutta da giocare e destinata a esplodere da settembre, sempreché la maggioranza non si sbricioli prima: il rinnovo delle commissioni, plance di comando decisive per il destino delle leggi. A partire dal rinnovo dei presidenti di commissione. Partita decisiva per l'eventuale prosieguo della legislatura e infatti le truppe del cavaliere e del presidente di Montecitorio sono già in movimento.
Nominate alla fine di maggio del 2008, le commissioni per regolamento devono essere rinnovate dopo i primi due anni di attività. Dunque, già da due mesi si sarebbe dovuto votare per eventuali, e prevedibili, cambi di guardia in corsa. E invece, tra le perenni fibrillazioni di maggioranza e la manovra che incombeva imponendo anche di evitare nuovi contrasti in casa pdl, non s'è fatto niente. Ma ora i giochi si riaprono in pieno. E tutte le previsioni danno per certo lo show down subito dopo le vacanze e in ogni caso al più tardi per fine settembre.
Sarà una partita nella più grande partita della diaspora in casa Pdl e richiederà valutazioni politiche aggiuntive. I numeri e i posti a disposizione dicono intanto che deputati e senatori del gruppo di Fini partono da una dote non grandissima, ma che ha un suo peso. Due presidenze di commissione a Montecitorio: Giulia Bongiorno alla commissione Giustizia e Silvano Moffa alla Lavoro. E ancora: Luca Barbareschi vice presidente alla Trasporti e Donato La Morte nell'ufficio dei questori. Commissioni strategiche, per non dire del ruolo chiave della Buongiorno proprio alla Giustizia che il cavaliere vuole sfilare a tutti costi ai finiani. A palazzo Madama, invece, almeno stando ai nomi dei senatori finora dati per transfughi, Fini può contare sulla presidenza della commissione Finanze, in mano a Mario Baldassarri, e alla vicepresidenza alla Lavori pubblici con Giuseppe Menardi.
Ma da settembre si dovranno redistribuire le carte. E il neonato gruppo dei finiani sta valutando la situazione. Ben sapendo che soprattutto alla Camera con i suoi 33 deputati potrà creare seri imbarazzi fin dalle commissioni ai fratelli coltelli del Pdl: con quei numeri, infatti, potrà avere due deputati in tutte le commissioni, e in alcune ne potrà portare anche tre risultando in quel caso decisiva negli equilibri di maggioranza. Come si pensa che accadrà per certo proprio alla commissione Giustizia: se candidasse la Bongiorno, il Pd la sosterrebbe e la sua elezione sarebbe garantita. Uno smacco in più per il cavaliere.