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Questo articolo è stato pubblicato il 02 agosto 2010 alle ore 08:46.
L'ultima modifica è del 02 agosto 2010 alle ore 08:47.
La Scia è un altro importante passo avanti sulla strada della semplificazione. Bene hanno fatto i ministri Brunetta e Calderoli a riproporla nella manovra appena approvata: benvenuti sono qualunque segnale di attenzione all'impresa e qualunque misura che elimini gli ostacoli allo svolgimento delle sue attività.
La norma ha provocato, però, due generi di perplessità che ora dovranno essere gestite con attenzione per evitare il ripetersi di una situazione tipo piano-casa: una guerriglia tra governo e regioni che alla fine danneggia proprio le imprese e chi sarebbe pronto a investire nella direzione dello sviluppo.
La prima perplessità sta nel fatto che la Scia entra nelle legislazioni regionali molto più di quanto avesse fatto il piano casa, adeguandole al nuovo modello nazionale. Questo ha già prodotto la brusca reazione di alcuni governatori che hanno rivendicato gelosamente le loro competenze. Comprensibile la difesa delle proprie prerogative, ma qui sembra opportuno invitare le regioni a un atteggiamento laico e istituzionalmente corretto: contestate solo le norme irrazionali, lasciamo le guerre di religione a momenti meno difficili.
D'altra parte, mentre l'intervento riformatore sulla Dia di due mesi fa allineava tutte le regioni sulla punta più avanzata, la Scia costituisce uno strappo di non poco conto rispetto al quadro legislativo regionale.
Più delicato il secondo profilo di perplessità che investe direttamente la vita delle imprese - specie quelle del settore dell'edilizia - e il modo stesso in cui si è fatta finora semplificazione normativa.
La Scia è una nuova forma di autocertificazione che rimescola le caratteristiche dello strumento rispetto alla precedente versione della denuncia di inizio attività, largamente accettata e fatta propria dalle leggi regionali. Formalmente con la Scia è possibile iniziare subito i lavori, quindi l'aspetto di autocertificazione diventa molto forte. In realtà, entro sessanta giorni l'amministrazione può comunque intervenire. Un termine che va oltre i trenta giorni dati come termine ultimo per l'intervento dell'amministrazione nella Dia.
Non è l'aspetto del confronto meramente temporale, però, quello più problematico per l'impresa. Questo genere di strumenti autorizzativi vanno benissimo per gli interventi edilizi medi: si tratta di quelle ristrutturazioni comprese fra l'attività libera dell'edilizia più minuta (fino alle manutenzioni straordinarie) e gli interventi più consistenti di riqualificazione o di nuova costruzione. Benissimo quindi liberalizzare gli interventi micro e semplificare al massimo grado gli interventi medi. Per questi ultimi e per gli interventi di dimensione maggiore c'è però un problema di certezza amministrativa che non può essere risolto dall'autocertificazione. Quando l'impresa va in banca per chiedere un finanziamento al proprio progetto ha bisogno di un documento che dimostri il suo diritto a costruire.