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Per i vecchi permessi non è ancora il tramonto

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 agosto 2010 alle ore 08:06.


La Dia (denuncia di inizio attività) prevista dal testo unico dell'edilizia e dalla variegata legislazione regionale è davvero cancellata dalla Scia (segnalazione certificata di inizio di attività)? E il permesso di costruire? Il quesito è tanto rilevante quanto complicato, almeno a una prima lettura del nuovo articolo 19 della legge 241/1990, introdotto dal comma 4-bis dell'articolo 49 della manovra finanziaria (Dl 78/2010), ora definitivamente approvata.
Il nuovo articolo 19, al comma 1, prevede infatti che una «segnalazione dell'interessato» possa sostituire «ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato». Questo a condizione che:
e il rilascio dell'atto dipenda solo dall'accertamento dei requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale;
r non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio;
t non ci siano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali.
Non solo. Il nuovo comma 2 dell'articolo 19 prevede espressamente (sollevando non pochi dubbi di costituzionalità) che «il comma 1 attiene alla tutela della concorrenza ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera e), della Costituzione e costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ai sensi della lettera m) del medesimo comma». Inoltre le espressioni «segnalazione certificata di inizio di attività» e «Scia» sostituiscono quelle di «denuncia di inizio di attività» e «Dia», ovunque ricorrano e la disciplina di cui al comma 1 sostituisce direttamente quella della dichiarazione di inizio di attività recata da ogni normativa statale o regionale.
Insomma, la previsione è così ampia che, a parte le aree e gli edifici vincolati, pare davvero che la Scia sostituisca tanto il permesso di costruire (richiamato dal comma 1 del nuovo articolo 19), quanto le Dia e le "Super-Dia", anche regionali. Passando quindi da un modello di controllo preventivo a un controllo successivo e limitato, visto che l'interessato può avviare i lavori contestualmente alla presentazione della Scia e il potere di repressione comunale – decorsi 60 giorni – può essere esercitato solo in casi limitati (si veda la scheda in alto).

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Tags Correlati: Camera dei deputati | Direzione Investigativa Antimafia | Senato | Urbanistica ed edilizia

 

Le cose, però, non sono così lineari. Il tramonto dei "vecchi" titoli edilizi (sempre con l'eccezione degli interventi in ambiti vincolati) dovrebbe essere escluso laddove l'ordinamento prevede un «limite o contingente complessivo» e «specifici strumenti di programmazione settoriale» che disciplinano l'attività da realizzare.
I limiti complessivi parrebbero escludere dalla Scia gli interventi che realizzano nuova volumetria, dato che la volumetria edificabile è sempre limitata dagli strumenti urbanistici attraverso la fissazione di indici edilizi massimi. Mentre, al contrario, questi limiti non ricorrono rispetto alla maggioranza degli interventi sul patrimonio edilizio esistente, in quanto le opere manutentive, di risanamento e di ristrutturazione conservativa difficilmente sono sottoposte a limitazioni quantitative, essendo semmai limitate qualitativamente.
Quanto alla possibilità che il ricorso alla Scia edilizia sia precluso da «specifici strumenti di programmazione settoriale», non parrebbe che agli stessi siano riconducibili i piani regolatori (che sono più propriamente strumenti di pianificazione), pur restando la possibilità che la Scia sia inibita per quegli interventi in relazione ai quali specifici regolamenti locali (tra cui i piani triennali delle opere pubbliche) organizzino la trasformazione territoriale.
In conclusione, cancellate Dia e Super-Dia dai testi di legge statale e regionale, dovrebbero restare soggetti a permesso di costruire gli interventi edilizi (soprattutto le nuove costruzioni, ma in alcuni casi anche le ristrutturazioni edilizie) che introducono nuova volumetria o mutano altri parametri per cui gli strumenti urbanistici prevedono «limiti o contingenti complessivi», mentre tutti gli altri (interventi sull'esistente) dovrebbero essere soggetti a Scia. È evidente, tuttavia, che la nuova normativa costringe gli operatori a grandi sforzi interpretativi, e qualche chiarimento sarebbe senz'altro opportuno.
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LE QUESTIONI APERTE
La nuova norma si applica all'edilizia?
Il nuovo articolo 19 della legge 241/1990 non cita il testo unico dell'edilizia, ma dice che la Scia sostituisce la Dia «ovunque ricorra», comprese le normative regionali. I tecnici di Palazzo Chigi e i due relatori della manovra, alla Camera e al Senato, interpretano la norma come applicabile anche all'ambito dell'edilizia.
La Scia può sostituire anche il permesso di costruire?
Il comma 1 del nuovo articolo 19 della legge 241/1990 richiama «ogni atto di autorizzazione (…), permesso o nulla osta comunque denominato». Sembrerebbe, dunque, che possa sostituire anche il permesso di costruire, anche se l'intenzione degli autori della norma – a quanto pare – era quella di circoscriverla ai casi in cui si può applicare la Dia. Lo stesso comma 1, peraltro, introduce una serie di casi in cui la norma non si applica, come quando vengono previsti limiti o contingenti complessivi: un riferimento che potrebbe escludere il ricorso alla Scia, ad esempio, quando si tratta di realizzare nuova volumetria, per la quale il piano regolatore fissa un tetto massimo.
Le nuove regole valgono anche per le regioni a statuto speciale?
Il nuovo articolo 19 della legge 241/1990 richiama l'articolo 117 della Costituzione per dare più forza alle norme di legge, ma la sua costituzionalità è stata messa in dubbio e i governatori di alcune regioni a statuto speciale sostengono che le novità non valgono nel proprio territorio.

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