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Tra Berlusconi e Fini la partita continua. Nel timore di passi falsi

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Questo articolo è stato pubblicato il 03 agosto 2010 alle ore 08:03.

Come tavolta capita, un episodio o un personaggio contribuiscono ad abbassare all'improvviso la tensione di un passaggio che sembra senza via d'uscita. La settimana scorsa il Pdl si era infilato in un bizzarro labirinto politico. Ma la baldanza iniziale di Berlusconi e dei suoi consiglieri si è subito raffreddata di fronte alla scoperta che nessuno sa bene come gestire le conseguenze sul governo della lite con Fini. Del resto, le elezioni sono un rischio ed è evidente che il paese ha bisogno di stabilità.

E' successo quindi che la domenica ha portato consiglio. E ieri i toni erano, da parte di tutti, alquanto più mitigati. Nulla è risolto, s'intende, a cominciare dal caso Caliendo; ma ci si sforza almeno di ragionare. Ecco allora che l'elezione quasi unanime di Michele Vietti alla vicepresidenza del Consiglio Superiore della Magistratura è apparsa come l'antidoto alle nevrosi, il segno che è possibile individuare il punto d'equilibrio delle cose.

Vietti, come è noto, è un parlamentare dell'Udc e si definisce senz'altro un moderato. Ha fama di persona seria e responsabile, con il senso delle istituzioni. Il suo arrivo sulla scena, come successore di Mancino in un ruolo delicato dove politica e sistema giudiziario s'intrecciano, assomiglia a un simbolico salvagente a cui in tanti vogliono aggrapparsi. Magari gli stessi che hanno alimentato la rissa fino al giorno prima.

Di fatto siamo davanti a un bivio. L'estate incalza e non incoraggia nuovi exploit politico-istituzionali. La nascita del gruppo finiano ha creato una situazione nuova, ma la stagione non è propizia per altri scontri. Anche perchè pochi hanno le idee chiare.
Domani la mozione di sfiducia contro il sottosegretario Caliendo non sarà approvata. E' ovvio che non conviene a Fini sottoporre a ulteriore «stress» i suoi seguaci, per ritrovarsi poi a fianco di Di Pietro. Quello che serve al presidente della Camera è dare credibilità alla sua destra «legalitaria», anche per alleggerire la pressione berlusconiana sui deputati e senatori che lo hanno seguito nell'avventura. A sua volta Casini non ha alcuna intenzione di sostenere la mozione del Pd e dell'IdV: avendo appena ottenuto con Vietti una vittoria significativa, i centristi non abbandonano la loro linea sempre guardinga.

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Tags Correlati: Berlusconi | Caliendo | Casini | Csm | Di Pietro | Gianfranco Fini | Governo | Idv | PD | PDL | Udc

 

In un certo senso, Fini e Casini sono indotti dalle circostanze a cercare una qualche convergenza parlamentare. Niente di più, ma niente di meno. Ben sapendo che anche la vicenda Caliendo lascerà la sua scia di rancori in un quadro politico scosso nel profondo. Il resto si capirà meglio a settembre. Si vedrà, in particolare, se è davvero impossibile per Berlusconi e Fini riannodare un rapporto politico. Il presidente della Camera non vuole essere schiacciato sul fronte della sinistra, il premier si rende conto di aver commesso un errore di troppo. In teoria un'intesa fra i due sarebbe plausibile sul modello inglese Cameron-Clegg. In pratica è più probabile che in autunno assisteremo a nuove lacerazioni. Anche perchè Roma non è Londra e qui c'è un terzo incomodo di grande peso: Bossi.

Quanto ai governi tecnici o del presidente, è chiaro che è prematuro il solo parlarne. Allo stato, si tratta di ipotesi che l'opposizione mette in campo per riuscire a stare in una partita politica che tende a escluderla. Ciò che davvero interessa al Pd è una nuova legge elettorale, ma all'interno del partito non c'è uniformità di punti di vista: come ha notato Di Pietro.

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