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Questo articolo è stato pubblicato il 03 agosto 2010 alle ore 08:06.
ROMA
Due ore e mezzo dai magistrati che indagano sulla cosiddetta P3, l'associazione segreta che avrebbe fatto capo a Flavio Carboni. Roberto Formigoni, ascoltato ieri come teste alla Procura di Roma ha risposto a tutte le domande del procuratore aggiunto, Giancarlo Capaldo, e del sostituto Rodolfo Sabelli, fornendo chiarimenti e precisando circostanze relative alle sue telefonate con Pasquale Lombardi e Arcangelo Martino, due degli indagati finiti in manette il mese scorso con Carboni. «Assolutamente sì», ha risposto il presidente lombardo ai giornalisti che alla fine dell'incontro con i pm alla Procura di Roma gli chiedevano se la sua posizione nella vicenda fosse rimasta quella di testimone. «Ciò che ho dichiarato al procuratore è coperto da segreto istruttorio – ha aggiunto Formigoni –. Mi sono state rivolte delle domande su fatti sui quali eventualmente fossi a conoscenza. Non è mia intenzione rompere il segreto istruttorio».
Diversi gli episodi, emersi dalle intercettazioni, su cui Formigoni ha dovuto fornire chiarimenti. A partire dalle presunte pressioni che la P3 avrebbe esercitato sul collegio della Corte d'appello di Milano chiamata a decidere lo scorso marzo sull'esclusione della lista di Formignoni "Per la Lombardia" dalle ultime regionali. «Non appena – si legge in un'informativa dei carabinieri del 18 giugno – il presidente della Corte d'appello di Milano Alfonso Marra ha ottenuto, dopo un'intensa attività di pressione esercitata dal gruppo (ed in particolare dal Lombardi) su membri del Csm, l'ambita carica, i componenti dell'associazione gli chiedono esplicitamente di porre in essere un intervento nell'ambito della nota vicenda dell'esclusione». In una telefonata del 1° marzo Formigoni chiede a Martino: «Ma l'amico Lombardi è in grado di agire?». Il ricorso viene respinto e il gruppo si attiva per fare inviare ai giudici un'ispezione ministeriale. Che non sia farà. «Ad Angelino – dice Formigoni in una telefonata a Martino – è stato consigliato di stare fermo dallo stesso Arci (Arcibaldo Miller, capo degli ispettori di via Arenula, ndr) perché lui mi ha detto che sarebbe un boomerang pazzesco».