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Questo articolo è stato pubblicato il 03 agosto 2010 alle ore 08:06.
Se il buongiorno si vede dal mattino, è meglio aprire l'ombrello. La lunga stagione delle nomine non è cominciata all'insegna della qualità. Anzi. È abbastanza preoccupante che Giancarlo Innocenzi, dimessosi dall'Autorità delle comunicazioni dopo la pubblicazione di telefonate compromettenti con il presidente del consiglio Silvio Berlusconi, sia stato ricompensato con la presidenza di Invitalia, l'agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti esteri.
E che il suo posto all'authority sia stato preso da Antonio Martusciello che nel suo curriculum vanta sì esperienze alla Sipra e a Publitalia, le concessionarie pubblicitarie di Rai e di Mediaset, ma soprattutto è tra i fondatori di Forza Italia. C'è poi il capo di gabinetto del sindaco di Roma, il consigliere di stato Sergio Santoro, che non più gradito a Gianni Alemanno, trova posto all'Autorità per i contratti pubblici.
Funziona così. Per i fedelissimi c'è sempre una casa ospitale pronta a fornire emolumenti, uffici, auto e autista, potere, prestigio. In qualche modo la designazione di Paolo Romani come ministro dello Sviluppo economico rientra in questa logica. Il curriculum dell'attuale viceministro con delega alle comunicazioni è infatti tutto all'insegna della tutela degli interessi di Mediaset, controllata dalla famiglia Berlusconi, nel sistema italiano delle televisioni. Ed è questo, più che il suo passato di imprenditore tv in proprio, ad aver convinto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che bisogna fare il possibile per evitare la nomina di Romani.
Dopo la rottura tra Berlusconi e Fini il problema delle nomine, segnalato con forza da Napolitano il 23 luglio scorso, è passato in secondo piano. Ma l'urgenza resta. In particolare la mancanza di un ministro dello Sviluppo economico (l'interim di Berlusconi non è una soluzione efficiente) e del presidente della Consob indeboliscono l'assetto istituzionale dell'economia italiana.
Secondo parlamentari vicini al presidente del consiglio, l'ultima tentazione di Berlusconi per risolvere la questione del ministero sarebbe di offrire l'incarico ad Adolfo Urso, attualmente viceministro e transfuga nel nuovo gruppo parlamentare che fa capo a Fini. Con l'obiettivo di riconquistarlo al Pdl. Ma Urso è un fedelissimo di Fini e l'operazione sembra avere poche possibilità di successo. Dovrebbero star fuori anche le nomine Rai, almeno quelle a breve. A Rainews dovrebbe andare Franco Ferraro, giovane giornalista già collaboratore di Antonio Marano, casacca leghista. A Susanna Petruni, vicedirettore del Tg1 e inviata sempre al seguito del premier, dovrebbe andare Rai 2: non potrebbero aspirarvi i finiani che hanno già Rai 1 con Mauro Mazza.