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Questo articolo è stato pubblicato il 03 agosto 2010 alle ore 08:06.
ROMA.
Diviso sulla legge elettorale e sul bipolarismo. Unito sul governo di transizione, anche se l'ipotesi di una guida Tremonti, non esclusa da alcuni – come Paolo Gentiloni – e sussurrata da molti, diventa il bersaglio dei veltroniani come Giorgio Tonini e di Rosy Bindi. «Mai», scrive la presidente dell'assemblea Pd. Il punto è che il Pd, al di là delle «sottigliezze» – come le definisce Bersani – sul governo tecnico, trova sulla sua strada lo stop dell'alleato Antonio Di Pietro che insiste sul voto. Così, nonostante la congiuntura politica segni il cattivo tempo per il governo, per i Democratici i nodi da risolvere sono tanti. E non riguardano solo le soluzioni alla crisi ma anche il nuovo quadro che si sta delineando a sinistra. L'annuncio di Beppe Grillo di volersi candidare alle prossime elezioni non è solo un problema per Antonio Di Pietro – che teme la competition sul giustizialismo – ma pure per il partito di Bersani che vede sempre più uno sbilanciamento verso le punte estreme. A questo va aggiunta la candidatura di Nichi Vendola che complica ulteriormente il suo quadro di alleanze tradizionali.
E sarà per questo che ieri Marco Follini diceva che le «forze politiche con cui si farà il governo di transizione dovranno essere le stesse con cui ci si presenterà al voto», alludendo a Udc e "finiani" e invitando a un cambio di pagina subito. Qui si innescano le divisioni. Perchè lo schema di Follini presuppone un cambio della legge elettorale in senso proporzionale per scegliere al centro i nuovi alleati archiviando il bipolarismo.
Ed è su questo punto che è partita la discussione di ieri a Palazzo Madama tra il segretario e i senatori Pd. Da un lato tutti hanno "benedetto" la formula-Ciampi, lanciata da Walter Veltroni per guidare il governo di transizione, dall'altro però è arrivato lo stop dei veltroniani (e non solo) su una legge elettorale proporzionale. Quella che secondo lo schema di alcuni big del Pd – e dello stesso Bersani – dovrebbe diventare l'esca per convincere la Lega ad accettare un governo di transizione. «Dialoghiamo con tutti», diceva il segretario. E poi Anna Finocchiaro ha chiarito che il dialogo si cerca soprattutto con il partito di Bossi. «Così come c'è stata una interlocuzione sul federalismo, ci potrebbe essere un dialogo con la Lega sulla riforma della legge elettorale».