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Il rincaro delle quotazioni contagia l'Italia

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Questo articolo è stato pubblicato il 04 agosto 2010 alle ore 08:06.


MILANO
I primi effetti dell'aumento del prezzo del frumento si stanno facendo sentire. Ieri il listino dell'Associazione granaria di Milano ha segnato un rincaro di 30 euro alla tonnellata delle farine di grano tenero e di 20 euro a tonnellata della semola di grano di duro. «Un incremento era previsto dopo due anni di ribassi – commenta Furio Bragagnolo presidente di Pasta Zara – ma non così rapido. Ciò che sta succedendo a livello internazionale riguarda in particolare il grano tenero ma influirà su tutti i cereali. Sicuramente sono destinati ad aumentare anche i prezzi dei prodotti che derivano dal grano tenero come il pane e i biscotti e anche della pasta, se continua questa tensione anche sui prezzi del grano duro».
Certo il fenomeno è ancora agli inizi come ha anticipato ieri al Sole 24 Ore Massimo Menna, amministratore delegato del pastificio Garofalo e presidente dell'Unipi (Unione industriali pastai italiani) che precisa: «Sull'aumento del prezzo delle materie prime e le sue conseguenze ogni azienda fa le sue valutazioni e decide la sua politica in autonomia. Come industriale posso dire che il caro-grano è agli inizi e comunque parlare di allarme prezzi della pasta, l'alimento più economico che ci sia, non è congruo».
Dalla pasta alle farine, dall'industria molitoria arriva un monito: bisogna evitare speculazioni sulle borse telematiche. «I mercati telematici – spiega Umberto Sacco, presidente di Italmopa, l'associazione di categoria, commentando le notizie di un'impennata dei prezzi del grano sui futures quotati sulla Borsa di Chicago – sono molto sensibili ma bisogna evitare dannosi effetti speculativi sul mercato reale. Il grano si sta oggettivamente rivalutando dopo due anni di crolli, ma il fenomeno riguarda soprattutto il frumento tenero». Quanto alla situazione in Italia, Sacco rileva la difficoltà, da parte dell'industria molitoria, all'approvvigionamento. «Preoccupa – afferma il presidente – l'effetto psicologico di queste notizie sugli agricoltori italiani che stanno ritenendo il grano in attesa di un aumento dei prezzi. L'industria molitoria italiana riscontra nuovamente difficoltà nell'assicurare il proprio regolare approvvigionamento ed è obbligata a importare di più».

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Tags Correlati: Borsa di Chicago | Canada | Coldiretti | Confagricoltura | Furio Bragagnolo | Garofalo | Italia | Italmopa | Kazakistan | Massimo Menna | Pietro Sandali | Prezzi e tariffe | Russia | Ucraina | Umberto Sacco

 

Mentre il prezzo del grano tenero corre, per il grano duro il mercato non sembra volersi svegliare e paradossalmente, se la tendenza dovesse continuare al ritmo attuale, a breve il frumento tenero potrebbe costare più del grano duro. L'osservazione arriva da Confagricoltura che commenta: «Come sempre, all'inizio della campagna commerciale, le importazioni stanno giocando un ruolo fondamentale nel controllo dei prezzi del frumento duro sul mercato nazionale e comunitario. I molini italiani si sono già abbondantemente approvvigionati acquistando prodotto estero a basso costo, sia sul mercato comunitario sia oltre atlantico. Per agosto-settembre sono previste nuove importazioni di grano duro dal Canada». E spiega che i produttori di grano duro sono poco propensi a vendere, dato che il prezzo attuale non copre nemmeno i costi di coltivazione. Va dunque «respinta al mittente l'accusa di "ritenzione" formulata recentemente dall'industria molitoria nei confronti di agricoltori e cooperative».
Più positiva la situazione del frumento tenero con le quotazioni che sono lievitate di oltre il 40% nell'ultimo mese per effetto del caldo e della prolungata siccità, in particolare in Russia, ma anche in Ucraina e in alcune regioni del Kazakistan, tre paesi che, come spiega Coldiretti, fanno parte della top ten degli esportatori mondiali ai quali si aggiunge il Canada. «Nel 2009 – afferma il responsabile economico di Coldiretti Pietro Sandali – l'Italia ha importato circa 43,3 milioni di quintali di grano tenero di cui 32,3 milioni dall'Unione europea e il resto dai paesi extra-Ue. Tra questi ultimi il Canada risulta il primo fornitore con una quota del 5,7% sul totale delle importazioni italiane, seguito da Ucraina, Australia, Stati Uniti (3,9%) e Russia (3,7%)». Un problema da risolvere, secondo Coldiretti, è quello delle speculazioni favorite anche dalla possibilità di spacciare come made in Italy la pasta ottenuta dal grano importato dal Messico, Turchia o Kazakistan. Per questo motivo all'inizio di luglio è stata costituita la Filiera Agricola Italiana, una società europea di trading dei cereali di proprietà degli agricoltori, che avrà il compito di gestire oltre 20 milioni di quintali di prodotto esclusivamente di origine italiana e garantito non Ogm.
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