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Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2010 alle ore 21:12.
«Non vorrei mia zia fosse stata tradita. Era un'idealista e ha fatto questo gesto per una buona causa. Nel momento in cui fosse dimostrato che quell'onere messo nel testamento - della buona battaglia - non è stato adempiuto, decideremo che fare». Parla a Radio 24, l'architetto Paolo Fabbri, nipote della contessa Colleoni, che ha lasciato tutti i suoi beni in eredità ad An, compresa la casa di Montecarlo su cui ora indaga la Procura di Roma. «Bisognerà vedere gli esiti della vicenda, per ora ci sono solo ipotesi», precisa.
Pensate di impugnare il testamento? «Non lo potemmo fare all'epoca, non so se esista la possibilità. Ci penseremo a conclusione di questa battaglia». Fabri dice di essere «interessato a sapere come sono stati gestiti anche gli altri beni (oltre alla casa monegasca, ndr) - lasciati in eredità ad An». «Non so se mia zia approverebbe le scelte di Fini. Magari continuerebbe a dargli fiducia, era una sua grande ammiratrice, perché aveva ereditato il ruolo di Almirante», racconta il nipote a Radio 24.
«Magari però, messa di fronte ad una prova inconfutabile di un uso personale di quello che lei voleva destinare al partito, è ovvio che anche lei potrebbe cambiare idea. Ma non so».
«Rispetto le volontà di mia zia, ma ritengo - commenta ancora il nipote della Contessa - che nessun partito meriti di ricevere un'eredità così cospicua, frutto di decine di generazione accumulata nei secoli e poi data in pochi secondi ad uno sconosciuto».