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Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2010 alle ore 14:56.
Era stato divertente, e comunque una faticaccia, piantare cavoli e carote nel nuovo orto biologico della Casa Bianca. Sfoggiando guanti da giardiniere esperto e le sue consuete braccia da culturista assennata, Michelle Obama aveva dato il via a una nuova campagna ("Let's move") per promovere il cibo naturale e addirittura biologico e sconfiggere così la diffusissima obesità dei bambini statunitensi. Un disturbo che colpisce un bimbo su tre e che negli ultimi trent'anni ha triplicato la sua diffusione. «Ce la faremo nel giro di una generazione», aveva detto in un'intervista alla ABC. E anche se le intenzioni sono ottime, la sfida sembra davvero titanica. Forse inaffrontabile.
Gli ultimi dati sull'obesità negli Stati Uniti segnano infatti un nuovo record: i Centri nazionali per il controllo delle malattie e per la prevenzione hanno registrato che nel 2009 gli obesi sono aumentati in ben 39 stati su 50, e in nove oltrepassano addirittura la soglia del 30% della popolazione. Una percentuale che si è triplicata dal 2007 e che porta il totale degli obesi a 75 milioni, vale a dire il 25% della popolazione.
L'Italia, a confronto, è un paese di snelli, con un misero 9% di obesi, secondo l'ultimo Rapporto sull'obesità dell'Istituto Auxologico Italiano. Ma anche da noi la tendenza è in aumento, dell'1,5% fra il 2002 e il 2005. Oltreoceano gli stati più grassi si trovano come da tradizione a sud: il più obeso in assoluto è il Mississippi con il 34%, seguito da Alabama, Arkansas, Kentucky, Louisiana, Missouri, Oklahoma, Tennesse e West Virgina. Gli americani più magri, invece, vivono in Colorado, grazie all'altitudine di Denver che costringe la gente a muoversi di più, e nel District of Columbia, lo stato di Washington, che vanta il numero più alto di consumatori di frutta e verdura.
Con la sua campagna "Let's Move" Michelle sta cercando di dare una mano al marito nel difficile percorso della sua riforma sanitaria. Ma i dati sugli obesi non sono certo confortanti, visto che la spesa annuale per curarli ammonta a 150 miliardi di dollari. Pepsi, Kraft e Kellog, insieme ad altre 44 aziende del food&beverage statunitense, avevano dimostrato il loro sostegno alla First Lady sottoscrivendo un accordo per tagliare di un trilione le calorie dei loro prodotti entro il 2012, e di un trilione e mezzo entro il 2015.