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Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2010 alle ore 08:50.
L'ultima modifica è del 06 agosto 2010 alle ore 08:50.
E adesso, cosa accadrà in settembre? E' la domanda che tanti si pongono per capire a quali altre nevrosi il paese sarà sottoposto nel prossimo futuro.
La risposta è che nessuno o quasi dei protagonisti della confusione politica ha oggi le idee chiare. Forse la verità è che la crisi della legislatura ha colto tutti impreparati. Il che vuol dire che bisogna distinguere tra l'enfasi di certi annunci e la realtà concreta. Alle elezioni anticipate magari ci si arriverà, ed è anzi molto probabile, ma al momento nessuno è davvero pronto alla sfida. Neanche Berlusconi, nonostante la retorica con cui alimenta il mito del decisionista che non vuol farsi logorare dal «teatrino romano».
Se il presidente del Consiglio, dopo aver contato i miseri 299 voti raccolti su Caliendo, avesse voluto sul serio chiudere i conti politici, avrebbe avviato un chiarimento immediato nella maggioranza, informando di questo il capo dello Stato. Avrebbe potuto cercare la fiducia su un documento duro e vincolante; e se i finiani gli avessero voltato le spalle la questione dello scioglimento delle Camere sarebbe stata posta al centro del tavolo.
Niente di tutto questo è accaduto. Per una serie di ragioni, alcune ispirate a criteri di opportunità e di realismo, Berlusconi ha preferito rinviare tutto all'autunno. Ha guadagnato tempo, il che significa che anche lui vuole chiarirsi le idee sulle elezioni. Non è sicuro della procedura, visto che il bandolo della matassa è al Quirinale. E forse, al di là della retorica, non è del tutto sicuro nemmeno dei risultati del voto.
Le analisi di Roberto D'Alimonte su questo giornale dimostrano che almeno al Senato la partita è aperta e la coalizione di centrodestra (Pdl-Lega) rischierebbe il passo falso. Il premier ha già commesso un errore con la precipitosa cacciata del «traditore» Fini, vorrebbe non commetterne un altro sbagliando i calcoli elettorali.
Si tratta allora di misurare bene le conseguenze dei passi che si faranno. Berlusconi è il presidente del Consiglio in carica, non è stato sfiduciato, dispone di una maggioranza ferita e indebolita, ma pur sempre maggioranza. Le professioni di lealtà che vengono dal gruppo di "Futuro e Libertà" vanno prese sul serio, almeno fino a prova contraria. Questo vuol dire camminare su un sentiero molto stretto, ma l'alternativa qual è?