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Questo articolo è stato pubblicato il 07 agosto 2010 alle ore 09:43.
Sulla vicenda della casa di Montecarlo donata ad An e venduta a società off shore è venuto meno il fair play tra ex di Alleanza nazionale. Ormai schierati su fronti che si guardano sempre più da lontano, ieri è bastato un intervento dei finiani a difesa del presidente della Camera – incalzato dal Giornale che chiede spiegazioni sul perché nell'appartamento monegasco viva ora il fratello di Elisabetta Tulliani, compagna di Fini – per esplodere la parte polemica.
La giornata si apre con l'intervento sul Secolo d'Italia di Enzo Raisi, membro finiano del comitato dei garanti di An, che sulla vicenda della vendita della casa donata dalla contessa Anna Maria Colleoni chiama in causa Ignazio La Russa: «La data - sottolinea - è molto importante. Forse non tutti ricordano che Gianfranco Fini all'epoca non era più il presidente di Alleanza nazionale. Il partito era infatti gestito da una reggenza di tutti i cosiddetti colonnelli con Ignazio La Russa nel ruolo di "primus inter pares". È incredibile che qualcuno possa dire "non sapevo, non so nulla"». Uno degli ex colonnelli, il ministro Altero Matteoli, replica secco: «La vicenda della casa di Montecarlo presenta già di per sé aspetti cialtroneschi. Raisi farebbe meglio a non aggiungere altre bugie. Io non ho parenti che abitano a Montecarlo». «Perché dobbiamo rispondere? Basta pubblicare l'atto. Se Raisi ha dei dubbi pubblichi l'atto su Il Secolo d'Italia e lì ci sono tutte le risposte», commenta La Russa. «Enzo Raisi non abusi dell'immunità – incalza il senatore Pdl Antonino Caruso -. L'unico davanti al notaio era il senatore Pontone».
Poi ci sono i finiani di Generazione Italia che accusano «Il Giornale di famiglia» del premier di «sputare quotidianamente veleno» contro Fini e creare un clima «da Russia comunista» contro gli «avversari» politici, insomma «cose da fine Impero». «Non vorremmo – scrive il direttore Gianmario Mariniello – che appena un iscritto, un dirigente di partito prende pubblicamente una posizione diversa da quella del Capo, ecco che "Il Giornale" di famiglia sputa quotidianamente veleno contro il "traditore", ecco che qualche zelantissimo seguace segnala il nemico all'autorità giudiziaria. Sono cose che accadevano nella Russia comunista.