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Questo articolo è stato pubblicato il 08 agosto 2010 alle ore 18:03.
Il ministero russo della Difesa ha annunciato lo spegnimento dell'incendio che minacciava da giorni il centro nucleare di Sarov, 500 chilometri a Est di Mosca, dove per fermare le fiamme i militari hanno dovuto abbattere ampie porzioni della foresta tutto attorno al laboratorio. Ma per una buona notizia che giunge dal fronte degli incendi, altre di segno contrario confermano che l'emergenza non è affatto rientrata. La capitale russa resta avvolta in una micidiale nube di fumo e smog, e nelle ultime 36 ore i roghi attorno alla città si sono moltiplicati, a causa dell'inavvertenza dei "turisti del fine settimana", che accendono fuochi e griglie nelle campagne arroventate, senza curarsi delle conseguenze.
Il livello di monossido di carbonio resta 6,6 volte oltre i livelli di guardia e chi può lasciare la città lo fa: i russi riparano nelle province risparmiate dal fuoco, gli stranieri tornando nei paesi di origine. Gran parte dei residenti stranieri, italiani compresi, è fortunatamente già partita per le ferie.
Ma anche ai turisti che progettavano un viaggio a Mosca la Farnesina consiglia di rinunciare, almeno fino al miglioramento della situazione meteorologica, non previsto tuttavia sino a mercoledì. Il bilancio ufficiale delle vittime è fermo a 52 morti, anche se le autorità ammettono che la mortalità a Mosca ha subito un'impennata proprio a causa delle anomale condizioni meteorologiche. "Per una completa analisi del quadro dovremo attendere qualche giorno", dichiara oggi a Interfax il capo dell'autority per i consumatori, Tatyana Popova, non confermando il 50% di decessi in più a luglio, citato dal ministero delle Emergenze nei giorni scorsi.
La situazione a San Pietroburgo. Il fumo è arrivato intanto anche a San Pietroburgo e dintorni. Secondo le testimonianze di alcuni corrispondenti nuvole nere sono state intercettate nei distretti di Petrogradsky e di Moskovsky e l'odore di bruciano è ormai nell'aria.
La visita di Medvedev in Abkhazia. Anche il presidente russo Dmitri Medvedev ha lasciato la capitale, perché oggi cade l'anniversario del conflitto in Georgia. Era la notte tra il 7 e l'8 agosto del 2008 quando Tbilisi aveva lanciato un'offensiva per riprendere il controllo dell'Ossezia del Sud, altra regione separatista georgiana. Medvedev ha incontrato il presidente dell'Abkhazia, il leader ribelle Sergei Bagapsh che aveva autoproclamato lo stato indipendente nel 1992, cui ha assicurato il sostegno della Russia e a cui ha ribadito il riconoscimento del Paese dell'indipendenza. «Il tempo - ha commentato Medvedev - ha mostrato che è stata una decisione giusta». La visita di Medvedev è la prima di un presidente russo da quanto Mosca ha riconosciuto l'indipendenza dell'Abkhazia. Oltre la Russia solo il Venezuela, il Nicaragua e l'isola di Nauru hanno riconosciuto l'indipendenza della regione.