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Finanza e Mercati Azioni

Cadono le Borse, yen ai massimi

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2010 alle ore 08:03.

La Fed martedì ha ammesso che «il ritmo della ripresa economica Usa sta calando». La Banca centrale inglese ieri ha lanciato lo stesso messaggio. In Giappone gli ultimi dati sugli ordinativi industriali hanno sorpreso al ribasso tutti gli economisti. E anche in Cina le statistiche congiunturali diffuse ieri hanno dipinto uno scenario di crescita più lenta delle attese. Benvenuti nel nuovo mondo: da qualunque parte si guardi, la locomotiva economica globale frena. Chiamatelo «double dip» (doppia caduta) come temono alcuni. Chiamatelo «new normal» (nuova normalità) come auspicano altri. Sta di fatto che la ripresa è sempre più sbiadita.

I mercati ne hanno preso atto. Le Borse sono scivolate: Londra ha perso il 2,44%, Parigi il 2,74%, Francoforte il 2,1%, Milano il 3,2%, Wall Street il 2,8% e il Nasdaq il 3%. Per contro gli acquisti si sono riversati su investimenti considerati "sicuri": i titoli di stato Usa e tedeschi. Così i rendimenti dei bond biennali Usa e dei Bund decennali tedeschi hanno toccato i minimi storici, allo 0,48% (0,51% in serata) e al 2,42%. Contemporaneamente il dollaro si è rafforzato sull'euro (a 1,2883), ma ha raggiunto il minimo degli ultimi 15 anni contro lo yen (a 84,72).

La grande frenata
Martedì è stata la Fed a gelare gli animi: non solo ha ammesso che la ripresa Usa «sta calando», ma ha anche ripreso gli acquisti di titoli di stato per tenere bassi i tassi d'interesse. E il mercato non l'ha presa bene: invece di continuare la «exit strategy», la banca centrale Usa ha ripreso i "massaggi cardiaci" all'economia. Ovvia la delusione. A sorprendere il mercato, ieri sono anche arrivati i nuovi dati sul deficit commerciale Usa: le esportazioni sono calate, le importazioni sono aumentate e lo squilibrio a giugno ha sfiorato i 50 miliardi di dollari. Il mercato ha fatto due più due: la frenata dell'export (che già nel secondo trimestre aveva "mangiato" il 2,78% del Pil) peserà ulteriormente sulla ripresa. Morale: se l'economia non cresce come sperato, la disoccupazione non cala. Dunque i consumi languono e l'attività industriale soffre. Tanti buoni motivi per vendere azioni e rifugiarsi sui titoli di stato. Anche perché la frenata è globale, non solo americana. Rallenta anche la Cina, su cui tante speranze di ripresa erano state riposte.

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«Flight to quality».
In questo scenario, la reazione dei mercati è praticamente scritta in un copione. Innanzitutto le Borse scendono. E, guarda caso, ad essere penalizzati sono proprio i settori più legati all'andamento economico: materie prime (-3,14% in Europa) e banche (-3,39%). Poi gli acquisti si riversano sui titoli di stato, considerati un "rifugio". In Europa si privilegiano i "sicuri" Bund tedeschi a scapito di altri. Infatti il differenziale di rendimento sugli altri paesi è tornato ad allargarsi. Il gap tra Italia e Germania, per fare un esempio, è risalito a 137 punti base dai 125 di settimana scorsa.

Scontata anche la corsa sui T-Bond Usa. Se la Fed inizia a comprarli (si stimano acquisti da 15-20 miliardi al mese), gli investitori tendono infatti a fare lo stesso. Tra l'altro aumenta la percezione del rischio di deflazione: scenario che incentiva l'acquisto di titoli di stato. Conseguenza di tutto questo è il movimento delle valute. Comprare T-bond significa infatti comprare dollari: così il biglietto verde – considerato un "rifugio" – è tornato a salire sull'euro. Ma il movimento maggiore l'ha registrato lo yen, ai massimi da 15 anni sul dollaro stesso: rialzo causato un po' dall'annuncio che la Cina comprerà titoli di stato nipponici, un po' dal ridimensionamento di alcune speculazioni (come il carry trade).

I paradossi della crisi
Eppure i dubbi restano. Non si può per esempio non notare che il rendimento dei T-Bond Usa sia ai minimi storici, sebbene gli Stati Uniti abbiano un debito pubblico in crescita esponenziale. Non solo. I tassi sempre più bassi sui titoli di stato incentiveranno la ricerca di alternative – più rischiose – per investire. Già ora il rendimento dei bond dei paesi emergenti è sceso a 2,68 punti percentuali sopra i T-Bond: poco, rispetto ai 3,40 punti di un mese fa. Segnale di acquisti. Anche i bond aziendali attirano gli investitori, a partire da quelli ad altissimo rischio (e rendimento). Il dubbio è lecito: è possibile che in questa «nuova normalità» si nascondano nuovi rischi? O nuove bolle?

m.longo@ilsole24ore.com

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