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Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2010 alle ore 10:30.
L'ultima modifica è del 12 agosto 2010 alle ore 10:38.
Nel marzo 2009, in pieno caos nei mercati finanziari, era chiaro ciò che la Federal Reserve e il Congresso avrebbero dovuto fare: espandere la politica monetaria e la politica di bilancio. Il dibattito era sul quanto e sul come, non sul se. Oggi il lavoro di Ben Bernanke è leggermente meno stressante di allora, quando il mondo era sull'orlo del baratro finanziario, ma più difficile. Con il senno di poi molti saranno pronti a condannare il presidente della Fed per vari peccati di azione e di omissione, ma la realtà è che non è affatto ovvio cosa si debba fare e come.
Il rendimento dei titoli del Tesoro Usa a cinque anni è 2,5 punti percentuali sotto il rendimento dei titoli a trent'anni, la differenza più alta degli ultimi cinque anni: il mercato si aspetta un'economia vicina alla deflazione nel prossimo futuro, ma allo stesso tempo si aspetta che la politica monetaria estremamente espansiva genererà inflazione tra qualche anno. I dati delle ultime settimane segnalano un raffreddamento della crescita Usa (che comunque, al 2,4% nel secondo trimestre, rimane sempre quasi tre volte quella italiana); e anche dalla Gran Bretagna e dal Giappone ieri sono arrivati segnali ciclici negativi.
In questa situazione, la Fed è presa tra Scilla e Cariddi. Per alcuni, essa sta compiendo lo stesso errore di Alan Greenspan: tenere i tassi di interesse troppo bassi troppo a lungo. Per altri, con un rischio di deflazione stile giapponese non è il momento di indulgere in queste considerazioni, e la politica monetaria deve diventare più espansiva.
Prevedibilmente, Bernanke ha scelto una via di mezzo. Nelle intenzioni della Fed fino a qualche settimana fa, i duemila miliardi di dollari di attivi che essa aveva accumulato dal 2009 avrebbero dovuto gradualmente ridursi, semplicemente non rinnovando i titoli man mano che scadevano. Martedì la Fed invece ha deciso di reinvestire i titoli a scadenza, soprattutto del mercato mobiliare, in titoli del Tesoro da due a dieci anni, in modo da mantenere per il momento il portafoglio titoli costante intorno ai duemila miliardi. L'effetto pratico sarà limitato nell'immediato: i titoli da rinnovare quest'anno assommano a 132 miliardi.