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Questo articolo è stato pubblicato il 18 agosto 2010 alle ore 08:04.
Quanti sono stati i Francesco Cossiga, protagonisti della prima e della seconda repubblica italiana? Certamente più di uno. Proviamo ad indicarli. C'è il giovane parlamentare che, da Sassari, approda appena trentenne alla Camera dei deputati e nel 1976 diventa più volte sottosegretario: prima alla riforma burocratica e poi alla Difesa.
Cossiga è in quota alla sinistra di base, ma è abbastanza atipico da non poterlo inserire né tra i lombardi di Marcora e Granelli, né tra i sanniti di De Mita. Ha ottimi rapporti con Aldo Moro ed è uomo di collegamento tra la sinistra Dc e i dorotei. Nel 1976 il futuro presidente della Repubblica approda al Viminale e, dal 1977, diventa Kossiga (con il K). È il primo bersaglio dei cortei e delle manifestazioni della nuova contestazione giovanile. Non quella dei sessantottini, ma quella della nascente autonomia, nella quale, a suo tempo, pescheranno (e tanto) le organizzazioni terroriste del tipo delle Brigate rosse e di Prima linea.
Da ministro dell'Interno Cossiga si trova nel 1978 a fronteggiare il dramma della prigionia prima e dell'assassinio poi di Aldo Moro. Ha contro la famiglia dello statista pugliese, la quale vorrebbe la trattativa. Pur travagliato nell'animo, Cossiga difende lo Stato e quindi sceglie e tiene la linea della fermezza, d'intesa con Zaccagnini e il gruppo dirigente della Dc ma anche con il Partito comunista del "cugino" Enrico Berlinguer e soprattutto di Ugo Pecchioli. Ma le cose vanno male: le Br tengono in scacco lo Stato e le indagini prendono sul serio la falsa pista del lago della duchessa ma non riescono ad arrivare per tempo in via Gradoli. Cossiga e il suo governo non trovano neanche un'adeguata e risolutiva collaborazione dai governi alleati. Moro muore assassinato e poco dopo il ministro dell'Interno si dimette. Si comincia anche a dire che Cossiga è uscito a pezzi dalla vicenda. Prende tante pillole. Non sono in molti a pensare che abbia ancora un futuro politico. Invece...
Siamo ai primi di agosto del 1979. Filippo Maria Pandolfi non riesce a formare il governo. Sandro Pertini affida l'incarico a Cossiga, che fa il governo e ottiene la fiducia delle Camere a ridosso di ferragosto. Di governi Cossiga ne farà addirittura due, succedendo a se stesso ma anche a Palazzo Chigi cade anche qualche tegola. C'è il caso Donat-Cattin. Il presidente del Consiglio viene messo in stato d'accusa per aver avvisato Carlo Donat-Cattin che il figlio Marco, latitante e coinvolto in un'azione omicida di Prima Linea, stava per essere arrestato. Il Parlamento archivierà le accuse. Nell'ottobre del 1980 però cade anche il suo secondo governo. Passano tre anni e Cossiga è di nuovo in pista: succede a Tommaso Morlino alla presidenza del Senato. Nel 1985, alla prima votazione, un Parlamento pressoché unanime lo elegge presidente della Repubblica.