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Un'esplosione uccide il padre dei droni iraniani

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Questo articolo è stato pubblicato il 18 agosto 2010 alle ore 08:00.


Una guerra segreta fatta di spionaggio, attentati, incursioni mirate contro obiettivi strategici o esponenti di spicco del nemico. Alla «Shadow War» condotta dalla Cia e dalle forze speciali statunitensi raccontata dall'inchiesta del New York Times potrebbe essere attribuita anche la morte di Reza Baruni, ingegnere aeronautico iraniano che ha guidato lo sviluppo e la produzione dei velivoli teleguidati (Unmanned aerial vehicles, Uav) meglio noti come droni.
Ad attribuire agli Usa l'uccisione di Baruni è il sito israeliano Debka, vicino all'intelligence di Gerusalemme e solitamente molto ben informato su quanto accade in Medio Oriente. Figura di scarsa visibilità pubblica e nota solo negli ambienti politici e militari di Teheran, Baruni viveva in una villa-bunker ad Ahwaz, capoluogo della regione meridionale del Khuzestan.
Ufficialmente risulta morto per l'esplosione accidentale di una bombola di gas ma anonime fonti d'intelligence affermano che a provocare lo scoppio sono state almeno tre bombe ad alto potenziale che hanno devastato l'intero edificio. Le indagini porterebbero agli indipendentisti arabi del Khuzestan che combattono il regime di Teheran con attentati a infrastrutture e a esponenti governativi. Baruni era però un tecnico, non un funzionario, e alla sua eliminazione potevano essere interessati soprattutto i paesi che si sentono minacciati dal riarmo iraniano. Debka sottolinea i sospetti sui «servizi d'intelligence dei paesi del Golfo» e già in passato le monarchie sunnite erano state accusate da Teheran di sostenere con armi e denaro i ribelli arabi del Khuzestan. Accusa ricambiata all'Iran per il sostegno ai movimenti sciiti attivi negli emirati.
Debka evidenzia l'interesse di Washington a eliminare l'uomo che ha consentito all'Iran di compiere molti passi avanti nello sviluppo di velivoli teleguidati ricordando che cinque mesi or sono il segretario alla Difesa Usa, Robert Gates, aveva pubblicamente denunciato la «preoccupazione» per i progressi iraniani nello sviluppo di aerei senza pilota stealth, in grado di sfuggire ai radar. Il ruolo di Washington è verosimile. Per essere certi di colpire Baruni occorrevano controlli capillari dell'edificio possibili solo con i satelliti (che però hanno anche gli israeliani) e in primavera la Casa Bianca ha varato un'intensificazione delle operazioni segrete in una serie di paesi, Iran incluso, autorizzando anche l'incremento dei contatti con i gruppi iraniani d'opposizione.

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Tags Correlati: Ahmad Vahidi | CIA | Khuzestan | Medio Oriente | Politica | Reza Baruni | Robert Gates | Shadow | Stati Uniti d'America | Uav

 

Nel 2006 i primi Uav iraniani vennero avvistati sui cieli dell'Iraq e dell'Afghanistan Occidentale, intenti a spiare le basi e i movimenti delle truppe alleate. Nello stesso anno la portaerei Reagan venne tenuta a lungo sotto stretta osservazione da un Uav iraniano che, a quanto pare, non venne rilevato dai radar della nave. Anche Israele potrebbe però avere a che fare con la morte di Baruni sia perché l'esecuzione dell'attentato rientra nelle modalità di eliminazioni mirate impiegate da Gerusalemme sia perché i droni iraniani sorvolano anche lo stato ebraico provenienti dal Libano dove squadre di tecnici iraniani sarebbero operative all'interno delle milizie di Hezbollah. Tra le ipotesi non può essere esclusa neppure la cooperazione tra arabi, israeliani e statunitensi, tutti d'accordo nel ritenere una grave minaccia il riarmo strategico di Teheran. Proprio ieri il ministro della Difesa iraniano Ahmad Vahidi ha presentato il nuovo drone Karrar magnificandone l'ampiezza del raggio d'azione e confermando che sono in produzione da alcuni mesi i modelli Rad e Nazir con capacità di attacco. Gli ultimi gioielli di Reza Baruni.

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