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Questo articolo è stato pubblicato il 20 agosto 2010 alle ore 08:08.
Le proposte emerse da diverse istituzioni, e in particolare dal Comitato di Basilea, non ricordano le grandi riforme che hanno rivoluzionato il sistema di regole e norme. I cambiamenti che si prospettano sembrano più il frutto di una risposta burocratica e arzigogolata alla paura che la crisi ha indotto in tante classi dirigenziali, che una grande opera. Basilea 3, o quello che rimarrà viste le tante perplessità emerse e i tempi di applicazione, rischia di essere una piccola opera ricca di articoli che si aggiungono a quanto già in vigore: parto sfortunato di un illuminismo miope che usa la ragione e le capacità umane per trivellare tanti piccoli pozzi che sono lontani dall'orizzonte del nostro futuro e che sicuramente non riescono a prefigurare quello che potrà accadere. Non si vede "visione", ma solo una reazione impaurita.
Per ridurre i rischi di nuove crisi non occorrono regole, ma una nuova idea che riesca a equilibrare le esigenze di politica economica con quelle microeconomiche. Sarebbe perciò sufficiente utilizzare istituzioni già esistenti per costituire un organo politico sovranazionale con il preciso mandato di intervenire su situazioni specifiche di forte squilibrio; definire un programma di riforme dei mercati finanziari che abbia come principi base l'uniformità di regole, la coerenza con riforme correlate e scadenze uguali tra i paesi; infine attuare nel più breve tempo possibile le regole che possano da subito migliorare la stabilità dei mercati, come il controllo della liquidità e del rischio sistemico.
* Paolo Gianturco è partner di Deloitte consulting, si occupa di Basilea 2 e 3 per varie banche italiane
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