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Questo articolo è stato pubblicato il 22 agosto 2010 alle ore 14:20.
«Possiamo confermare che è ricercato. I due capi di accusa sono stati formulati la notte scorsa: uno è stupro, l'altro è molestie» ammetteva ieri mattina Karin Rosander, responsabile ufficio stampa della procura di Stoccolma ai microfoni della Cnn. «Il procuratore capo Eva Finne è giunto alla conclusione che Julian Assange non è ricercato per stupro, il mandato di arresto non esiste più» si leggeva qualche ora più tardi in una dichiarazione sul sito della procura.
Così le donne della giustizia svedese hanno accusato e assolto Julian Assange, il fondatore di Wikileaks, sito che un mese fa assieme a New York Times, Guardian e Der Spiegel, ha pubblicato 92mila documenti militari riservati sulla guerra in Afghanistan. In sei ore è caduta l'accusa più grave contro il 39enne matematico e giornalista ricercato per aver stuprato una donna a Enkoping, durante il tour della settimana scorsa in cui ha annunciato l'imminente pubblicazione di altri 15mila documenti sulla guerra ai talebani. Resta tuttavia in piedi l'accusa di molestie a una donna di Stoccolma.
La caccia all'uomo senza fissa dimora costretto a vivere top secret, accorto comunicatore che dice poco di sé e molto del personaggio, è durata il tempo necessario perché sia lui che il suo team si indignassero su Twitter. Assange ha definito le accuse «destituite di fondamento» e l'episodio «preoccupante», lo staff del sito ha confermato supporto al fondatore («ora deve pensare solo a difendere la sua reputazione, noi continueremo a lavorare regolarmente»), ha parlato di «sporchi trucchi» e precisato di non essere stato contattato dalla polizia svedese.
Nel frattempo i blogger si dividevano pro e contro Assange: nei commenti raccolti da Cnn molti teorizzavano una campagna diffamatoria partita dagli Stati Uniti. In realtà la Difesa americana, impegnata in queste settimane in un tira e molla con Wikileaks su cosa pubblicare e cosa no, si sta muovendo in un altro modo: gli avvocati del Pentagono stanno studiando come incriminare per rivelazione di documenti segreti militari l'australiano dal ciuffo bianco e i suoi compagni.
Finora in carcere è finito solo Bradley Manning, l'analista militare e gola profonda ventiduenne che ha passato - probabilmente aiutato da un cervellone del Mit di Boston - la mole di documenti al sito specializzato in fughe di notizie. Manning, ora trasferito dal Kuwait a Quantico e in attesa di sentenza, dipinto dalla stampa come un giovane fragile e solo, è stato individuato grazie ad Adrian Lamo, hacker pentito cui Manning confessò in uno scambio di mail la soffiata a Wikileaks che «avrebbe procurato un infarto a Hillary Clinton e agli altri dilomatici».