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Questo articolo è stato pubblicato il 22 agosto 2010 alle ore 14:22.
I Ministri Sacconi e Fazio hanno recentemente presentato il "Rapporto sulla non autosufficienza in Italia - 2010", elaborato dagli esperti del Dicastero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Il Rapporto (scaricabile dal sito www.lavoro.gov.it) fa il punto sull'assistenza continuativa (long-term care) agli anziani non autosufficienti, cioè l'insieme di servizi a domicilio, case di riposo e prestazioni monetarie per chi non è in grado di svolgere autonomamente le attività di base della vita quotidiana (lavarsi, alzarsi, camminare, sedersi e così via). Assistenza che nel nostro paese è assicurata perlopiù da famiglie e badanti, per la debolezza dell'intervento pubblico.
Il rapporto, dopo aver sottolineato l'inadeguatezza delle risorse pubbliche attualmente dedicate, individua la strada da seguire non nel loro incremento bensì nello sviluppo dei fondi integrativi privati. Si tratta di varie forme di assicurazione collettiva contro il possibile insorgere della non autosufficienza e ne beneficiano gli appartenenti alle categorie professionali che le inseriscono nel proprio contratto collettivo, a livello aziendale o di settore. Tra quelle esistenti, gli esempi più noti riguardano i contratti collettivi dei dipendenti delle assicurazioni e dei bancari: prevedono l'erogazione di un contributo economico ai pensionati e ai lavoratori del settore, con regolarità, in tutto l'eventuale periodo di non autosufficienza.
In nessun paese europeo, però, soluzioni simili hanno conosciuto un'ampia diffusione e il risultato migliore l'ha ottenuto la Francia, dove viene coperto il 10% della popolazione. In Italia - nel 2009 - le persone assicurate erano circa 320.000 ma il fermento in atto in questo ambito fa prevedere un'espansione nei prossimi anni (Rebba, in Politiche Sanitarie, 2/2010). Le stime sulla crescita attesa sono discordi, le più ottimistiche ipotizzano una copertura del 15% della popolazione entro il 2020 e non esistono ipotesi di diffusione ulteriore in seguito. Si tratta, quindi, di una risposta per una parte minoritaria degli italiani.
Il dibattito scientifico internazionale concorda nel ritenere che lo sviluppo dei fondi integrativi non possa costituire la risposta principale alla crescente presenza della non autosufficienza, dovuta all'invecchiamento della società. Non ci si può attendere, infatti, che arrivino a coprire la parte maggioritaria della popolazione, anche mettendo in campo tutti i possibili incentivi (a partire dalle agevolazioni fiscali, peraltro già esistenti in Italia). Tre ragioni - in varia misura - lo impediscono. Primo, molte persone non vengono assicurate a causa della loro condizione lavorativa (accade sempre se non rientrano in un contratto collettivo o non lavorano proprio; accade spesso se non hanno un impiego stabile, non sono dipendenti o non operano nei servizi). Secondo, altre hanno difficoltà ad accedervi perché più avanti nell'età o per le condizioni fisiche (presenza di patologie sanitarie e/o maggiore probabilità di diventare disabili). Terzo, mantenere i fondi in equilibrio finanziario nel tempo è complicato (per le peculiarità della non autosufficienza e per l'inevitabile crescita della percentuale d'iscritti anziani).