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Faccia d'Angelo torna in libertà (e non è un'evasione)

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Questo articolo è stato pubblicato il 22 agosto 2010 alle ore 17:30.

Libero. Domani "Faccia d'Angelo" concluderà il soggiorno obbligato. Felice Maniero, boss della Mala del Brenta, il burattinaio che che con la sua banda terrorizzò il Nordest, ha saldato il conto con la giustizia e può tornare a circolare senza vincoli in Europa. Nel portafoglio una carta d'identità con nome e cognome nuovi. Alle spalle, i 17 omicidi registrati in Veneto negli anni Ottanta, due rapine miliardarie ai danni del Casinò di Venezia e dell'aeroporto Marco Polo, dove era in partenza un carico di 170 chilogrammi d'oro.

Per Maniero, 55 anni, il primo arresto risale al 1980; l'ultimo è del '93, quando viene fermato dalle forze dell'ordine mentre si trova a bordo del suo yacht da un miliardo e mezzo di lire a largo di Capri. Nel 1994, in occasione del processo davanti alla Corte d'assise veneziana, si fa servire nella gabbia spaghetti all'astice e prosecco.
Ha subìto due condanne, a 11 anni, per rapine e sequestri, e a 14 anni, per omicidi, diventati in tutto 17 anni con il cumulo della pena. Nel 1995 è diventato collaboratore di giustizia, in regime di protezione con l'obbligo di dimora, e ha deciso di raccontare la sua verità.

Tante e clamorose sono state le evasioni: nel 1987 dal carcere di Fossombrone; nel 1994 dal supercarcere di Padova assieme al braccio destro Antonio Pandolfo e ad altri fedelissimi.
Forse non un uomo nuovo, di sicuro una persona che ha riflettuto «con intelligenza» sugli ultimi 35 anni trascorsi tra carcere, latitanze, soggiorni obbligati e restrizioni. Così lo racconta Gian Mario Balduin, il legale dell'ex boss della mafia del Brenta.
Maniero ha un nome diverso, vive in una città diversa da Campolongo Maggiore, la località in provincia di Venezia dove aveva costruito una faraonica villa con piscina simbolo del suo potere. Si è reinventato un presente di imprenditore nel settore dei casalinghi. È un uomo nuovo? «Da un certo punto di vista sì, è una persona molto provata - spiega il legale, alludendo implicitamente anche al suicidio nel 2006 della figlia - ma per saperlo bisognerebbe conoscerlo più a fondo». Alla domanda: ma l'ex boss si è pentito della lunghissima scia di sangue che ha lasciato alle sue spalle? Il legale risponde: «Dobbiamo capire cosa si intende con la parola pentito. Dal punto di vista giuridico certamente sì - dice - da quello pratico lo sa solo lui».

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Tags Correlati: Antonio Pandolfo | Corte d'Assise | Criminalpol | Felice Maniero | Gian Mario Balduin | Giustizia | Marco Polo | Michele Festa | Veneto

 

Un carattere sempre e comunque a due facce: sensibile e allo stesso tempo cinico, apparentemente autonomo nelle decisioni ma fortemente condizionato dalle figure femminili della sua vita, in particolare dalla madre. Michele Festa, sostituto commissario alla squadra mobile di Verona, parla delle tante contraddizioni di Faccia d'Angelo. Nel 1994 è investigatore della Criminalpol di Venezia. Arresta Maniero dopo che è fuggito dal carcere di Padova. «Ancora tu?» gli dice l'ex boss, che cita una canzone di Battisti: «ma non dovevamo vederci più?».

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