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Questo articolo è stato pubblicato il 23 agosto 2010 alle ore 15:40.
Sono vivi ma potrebbero restare nella miniera fino a natale i lavoratori cileni. «Il miracolo di San Josè», hanno infatti titolato i quotidiani cileni l'annuncio che i 33 minatori intrappolati da oltre due settimane in una miniera nel deserto di Atacama stanno bene. Da stamani sono anche nutriti con una specie di «cordone ombelicale», un tubo da cui ricevono cibo e acqua. La notizia è arrivata dallo stesso presidente, Sebastian Pinera, che si è precipitato a «San Josè» nei pressi di Copiaco, 830 km a nord di Santiago, sventolando il pezzo di carta in cui i minatori annunciavano di essere vivi 17 giorni dopo il crollo.
I 33 sono riusciti a mandare un messaggio attraverso la sonda calata a 700 metri di profondità: «Stiamo bene tutti e 33 e siamo nel rifugio», si legge nel biglietto.
Il messaggio ha confermato le speranze dei tecnici, che hanno continuato a lavorare nonostante da giorni non arrivassero più segni di vita: al momento dello smottamento che ha fatto franare la miniera, i minatori sono riusciti a raggiungere uno dei rifugi allestiti lungo le gallerie, con provviste e ossigeno. Solo così possono essere rimasti in vita dal 5 agosto a oggi, nella galleria caldissima di giorno e freddissima di notte, quattro chilometri e mezzo dentro alla miniera, con 700 metri di roccia sopra la testa.
L' «avventura» dei 33 però non si è ancora conclusa: «Ci vorranno almeno 120 giorni per salvarli», ha detto Andres Sougarret, l'ingegnere che guida il team dei soccorritori. In pratica, i 33 rischiano di rimanere nella miniera fino a Natale. «Sembravano dei ragazzini, con la felicità negli occhi», hanno detto i tecnici che gestiscono la telecamera inviata nel pozzo: «Hanno messo la faccia davanti all'obiettivo per farsi vedere». Ora, spiegano i soccorritori, dovranno razionare le risorse con molta attenzione. «L'attesa è molto diversa ora», ha detto alla Reuters il fratello di uno dei minatori reclusi.