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Il primo obiettivo di Sergio Chiamparino: «Rilanciare la produttività del sistema Italia»

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Questo articolo è stato pubblicato il 24 agosto 2010 alle ore 08:02.

Riforma dei contratti, del mercato del lavoro, del fisco e dei servizi locali. I capitoli dell'agenda economica proposta da Sergio Chiamparino, candidatosi alla leadership del centrosinistra, sono tanti, ma possono essere catalogati sotto un obiettivo unico, l'aumento della produttività del sistema. «Questa è l'emergenza vera dell'economia italiana – spiega Chiamparino, arrivato all'ultima stagione da sindaco di Torino – e per affrontarla servono interventi a tutto campo». Unica è anche la caratteristica politica di queste proposte, tutte ad alto tasso di eresia nei confronti dei «tabù» di tanta parte dell'opposizione.

«Le statistiche – prosegue Chiamparino – ci collocano in fondo alle classifiche europee sia per produttività sia per livello dei salari. Non si capisce proprio che cosa alcuni vogliano difendere in questo sistema».

Qual è il primo aspetto da modificare per sbloccare la situazione?
La leva cruciale è quella contrattuale. Servono linee guida nazionali leggere e generalissime, al cui interno articolare meccanismi che puntino sulle specificità di comparto e di area, per far crescere i salari in modo più differenziato, e più collegato ai risultati che si riescono a raggiungere. Per ottenere questo scopo occorre riscrivere in modo condiviso la legislazione industriale.

L'idea sembra rievocare una sorta di nuovo «23 luglio», ma oggi l'unità sindacale sembra un ricordo lontano: questo non rischia di complicare le cose?
Non c'è dubbio, ma compito della politica è anche proporre un terreno di confronto nuovo, in cui provare a superare le divisioni attuali. Allora, poi, lo scopo era contenere l'inflazione, oggi invece è l'aumento della produttività, un tema di cultura politica, su cui i partiti hanno il dovere di intervenire.

Quanto conta la vicenda Fiat in questa agenda delle priorità?
Conta, ma non è solo una questione di Fiat. Prendiamo il tema della rappresentanza: va benissimo che gli accordi siano approvati con referendum, ma poi non devono esistere minoranze con potere di veto. Il problema si incontra a Pomigliano, ma anche nei servizi pubblici, dove non è più possibile che lo sciopero di una sigletta paralizzi un settore.

Torniamo alla Fiat. Come giudica il braccio di ferro ingaggiato dall'azienda sui tre operai di Melfi reintegrati dal giudice?

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Tags Correlati: Associazione Nazionale dei Comuni Italiani | Cisl | Idv | Investimenti delle imprese | Luigi De Magistris | Melfi | Nichi Vendola | PD | Pier Luigi Bersani | Sergio Chiamparino | Torino | Uil

 

Penso che sia un errore, perché c'è una sentenza e va attuata, almeno fino a quando non venga ribaltata dal successivo grado di giudizio. Questo atteggiamento "antico", non nel senso nobile del termine, rischia anche di complicare la posizione di Cisl e Uil, che già oggi non sono al massimo della rappresentatività nell'industria.

C'è addirittura chi sostiene che Marchionne sia alla ricerca di "pretesti" per dimostrare l'impraticabiità degli investimenti in Italia.
Le letture dietrologiche mi affascinano solo nei romanzi gialli. Io sto a quello che Marchionne mi dice di persona, anche perché se fosse alla ricerca di pretesti ne avrebbe già trovati mille.

Nichi Vendola, nell'intervista di sabato al Sole 24 Ore, ha lanciato l'esigenza di una nuova «politica industriale». Che ne pensa?
Più che altro parlerei di una «politica per l'industria», che oggi non può essere se non «politica per la ricerca». Il paese deve decidere gli ambiti in cui ha senso spingere per la ricerca applicata, e in quegli ambiti deve spingere anche finanziariamente. Penso, per esempio, che nella mobilità sostenibile, in tutto il metalmeccanico e nella meccatronica le condizioni ci siano.

E nel nucleare?
Mi sembra propagandistico cercare di ereditare centrali con una tecnologia ormai obsoleta, ma penso che la ricerca non vada fermata. Lo stesso principio vale per gli ogm: perché mai una persona di sinistra deve essere a favore della ricerca sulle staminali, ma non a quella sugli ogm?

Tra le priorità indica anche la liberalizzazione dei servizi locali. Ma la riforma non è appena stata fatta?
Ora si tratta di attuarla, ma ci sono aspetti che vanno migliorati. Le deroghe attuali rischiano di mantenere l'in house in gran parte della galassia di società comunali. Per superare il problema bisogna puntare sulla differenza fra reti, in maggioranza pubbliche, e gestioni, che devono essere competitive e regolate da un'Authority che vigili su prezzi e tariffe.

Ultimo tema, il fisco. Abbassare le aliquote è sempre il primo capitolo dei programmi elettorali, ma poi la realtà è diversa. Che cosa si può fare?
Il fisco oggi premia chi immobilizza i patrimoni e colpisce chi investe e lavora. Per liberare risorse per consumi e investimenti occorre tassare le rendite finanziarie, salvaguardando il risparmio delle famiglie.

Rendite finanziarie a parte, la sua piattaforma sembra guardare più al centro che a sinistra. È una scelta di campo anche in vista delle alleanze?
Teoricamente è vero, ma non alzerei steccati; del resto, su temi come il protezionismo nelle liberalizzazioni, anche al centro non siamo messi bene. Serve però un metodo chiaro: il partito più grande di uno schieramento deve farsi carico del programma e di proporre un confronto serrato a tutto campo. Anche perché vincere le elezioni è importante, ma è fondamentale anche poter governare il giorno dopo il voto.

gianni.trovati@ilsole24ore.com

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