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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2010 alle ore 08:05.
BUENOS AIRES
Vivere da narcos è una cosa seria, non ci si improvvisa.
Le doti? Un'altissima propensione al rischio, di impresa ma soprattutto personale, la capacità di commettere omicidi brutali e l'efferatezza: per esempio quella di issare delle teste decapitate sulle cancellate di una scuola media.
Sia chiaro, non stiamo facendo proselitismo, solo riportando alcune testimonianze trovate su un sito che in Messico va forte, www.elblogdelnarco.com.
L'idea iniziale era buona, improntata a un encomiabile civismo: un comune cittadino ha deciso di scavalcare le barriere informative tradizionali e costruire un sito capace di informare in tempo reale, raccogliere testimonianze dal basso, evitando la retorica degli editoriali. Poi come spesso succede a queste latitudini le intenzioni sono state fagocitate dal pragmatismo e i narcos hanno scelto proprio questo blog per scambiarsi informazioni, notizie. Qualche volta in codice, qualche volta no.
Ora accade un fatto imprevedibile: all'indirizzo www.elblogdelnarco.com si incontrano la società civile e i narcos. Ciascuno con obiettivi e interessi diversi, ma sono tutti lì. Il successo va al di là di ogni aspettativa: infinitamente superiore a quello dei siti dei giornali ufficiali.
Non ci sono giornalisti, né agenzie di stampa, non ci sono uffici stampa né link a siti governativi. È tutto nelle mani dei lettori, che nelle intenzioni dell'ideatore avrebbero dovuto fornire dritte, indiscrezioni e soffiate relative al mondo della droga, dei commerci sporchi, delle mafie legate al narcotraffico.
Forse una sola ingenuità, il lancio di uno slogan: Es el blog del vale todo, questo è il blog dove vale tutto. Preso in parola, tanto che l'infiltrazione dei narcos è ormai un fatto acclarato.
D'altra parte la tecnologia non è un ostacolo per i narcos messicani, capaci di avvalersi di mezzi sofisticati per rafforzare l'industria del commercio di droga, l'unica a non patire la crisi economica in corso. I sottomarini con cui la mercanzia arriva sulle sponde statunitensi del Golfo del Messico sono la prova più macroscopica.
Scorrendo il blog pare chiaro che i narcos si sentano depositari di un cultura centrata sul coraggio, ma anche sulla capacità di persuasione. Per esempio quella di Amado Carrillo, il Bernardo Provenzano del Messico, capo indiscusso di un'organizzazione capillare ed efficiente. Alcuni anni fa, dopo un paio di decenni di attività, migliaia di omicidi sulla fedina penale e un patrimonio stimato in 25 miliardi di dollari, si è presentato alle autorità messicane per la resa. Una resa sui generis, per la verità: «Signori, io mi ritiro dall'attività, sono stanco. Vi propongo un patto di non belligeranza: io vado in pensione, voi mi lasciate in pace».