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Bocchino: bene, velleitario sostituire Fini con Casini

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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2010 alle ore 08:01.

ROMA. «Bene, è velleitario sostituire Fini con Casini». I finiani sembrano tirare un sospiro di sollievo alla notizia che il ricorso alle urne, caldeggiato con forza dalla Lega negli ultimi giorni, si allontana a data da destinarsi. È come al solito Italo Bocchino a dettare la linea: «Si conferma che quella delle elezioni anticipate era una boutade estiva – dice il finiano di ferro –. Condividiamo le parole di Bossi, non c'è ragione di andare a elezioni anticipate. Dopo la costituzione dei gruppi di Futuro e libertà la maggioranza è rimasta invariata, quindi non occorre andare alle urne. Noi facciamo parte del centro-destra e voteremo sempre la fiducia a tutti i provvedimenti che sono parte del programma di governo».

Diverso il discorso sui provvedimenti che non sono nel programma di governo, come il processo breve. Ma non ci sono no a priori: pronti a discutere nel merito. «Su quei provvedimenti non siamo disposti ad accettare aut aut, ma siamo pronti a discutere e a confrontarci». Di sicuro, conclude Bocchino, «sarebbe velleitario pensare di sostituire Fini con Casini, anche perché va contro la volontà degli elettori». Diverso il discorso se si decidesse di allargare l'attuale maggioranza ad altre forze politiche alternative alle sinistra. Lo stesso Bocchino, d'altra parte, aveva lanciato l'idea di un esecutivo Berlusconi allargato all'Udc, all'Api di Francesco Rutelli e agli scontenti del Pd. «Noi saremmo non solo disponibili, ma favorevoli a questa prospettiva».

Le parole di Bocchino rispecchiano fedelmente il pensiero di Gianfranco Fini, che in questi ultimi giorni di vacanza sta evitando dichiarazioni ufficiali. Quanto ai provvedimenti sulla giustizia, dall'entourage del presidente della Camera confermano che non ci sono pregiudiziali né niet a priori: si valuterà nel merito. Anche se Fabio Granata fa subito intendere che sullo spinoso tema giustizia il crinale resta stretto: «Sosterremo il programma di governo ma non cederemo a nessun compromesso sui provvedimenti che riguardano il sistema giudiziario e la difesa dello Stato di diritto e della legalità».

Ad ogni modo prevale la cautela. Si aspettano gli eventi. E la kermesse di Mirabello, prevista per i primi giorni di settembre e descritta fino a pochi giorni fa come l'atto di nascita del nuovo partito di Fini, viene ridimensionata di significato. Dopo Adolfo Urso è lo stesso Bocchino ad assicurare che «non è in programma per Mirabello l'annuncio di nessun partito, settembre sarà un mese delicato ed è bene che non ci siano strappi». Anche perché Fini attende il segnale della riunione dei probiviri del Pdl, a metà settembre, che dovrà pronunciarsi sulla condotta di Bocchino, Granata e Briguglio e decidere le eventuali sanzioni. L'annullamento della riunione sarebbe giudicato un gesto distensivo da parte del premier.

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Tags Correlati: Adolfo Urso | AN | Elezioni | Francesco Rutelli | Gianfranco Fini | Giuseppe Consolo | Italo Bocchino | Lega | Mirabello | PD | PDL | Senato | Udc

 

Ultimo ma non meno importante motivo della cautela dell'ex leader di An e dei suoi fedelissimi è una certa fibrillazione tra i cosiddetti "moderati" finiani. Ieri a dare voce ad alcune di queste inquietudini è stato il deputato Fli Giuseppe Consolo: «In Fli non tutti sono d'accordo con Bocchino, ma ora è da Fini che vogliamo sapere qual è la linea vera. Ad esempio sul nodo giustizia c'è un malinteso: il processo breve è stato votato dai nostri colleghi in Senato. Non è una cosa sulla quale possiamo chiudere gli occhi. Lo stesso vale per le intercettazioni e per il lodo Alfano: noi quel testo lo abbiamo votato, ora, che cosa è cambiato?». È proprio su queste "colombe" che punta il premier per un ritorno all'ovile.
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