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Il dottor Frankenstein

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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2010 alle ore 20:02.

Da ragazzo inorridivo nel vedere, in un film in bianco e nero, il popolo intento a linciare il mostruoso Frankenstein. Quell'essere, ridicolo nella sua tragicità, mi faceva pena. Tifavo per lui.Nelle mie sere di adolescente, passate in uno stazzo montano, davanti al fuoco ad ascoltare storie. Tifavo per i lupi. Quando i caprai antichi, di fronte alle lamentele dei moderni pastori che minacciavano di strage i lupi colpevoli di razziargli le bestie, guardavano i pingui cani da guardia e sentenziavano: "i lupi sunn'intra".Poi sono cresciuto. Il sentimento, com'è naturale, ha lasciato posto al pragmatismo. Mostri e lupi vanno fermati. Non tifo più per loro.

Ci risiamo, sette mesi e a capo. Potrei dire con orgoglio l'avevo detto. Ma c'è poco da andar fieri, nel vedere verità che si rivelano facili anche agli occhi dei bambini.Di nuovo boom, posto diverso, stesso obbiettivo. La Calabria. I mostri sono tornati. I lupi hanno di nuovo fatto razzia. Ma lo Stato, come la volta scorsa, non molla. Li braccherà nuovamente, con più veemenza. Annienterà le belve. Una volta, sino al 1970 per dare una data all'inizio dell'invasione, le belve non c'erano. C'era, a dire il vero, qualche volpe spelacchiata che campava di straforo, si limitava a minuscole razzie. Vedeva e riferiva, ecco tutto. E tanto bastava. Poi all'improvviso in ogni paese è comparso un lupo. Più o meno in coincidenza con la rivolta di Reggio, con la bomba di Gioia Tauro, con gli anni di piombo.I lupi erano famelici. I cani hanno aperto le porte degli ovili. Quelli che non ci stavano venivano sbranati, sciolti o scacciati e vilipesi. Le fiere hanno insanguinato la nostra terra per quarant'anni. E ogni volta che qualcuno di loro veniva catturato, saltava fuori il padrone dei mostri e lo liberava. Era un personaggio potente questi. I vecchi dicevano di ricordarselo da sempre. Poi i lupi sono diventati vecchi, qualche cane scacciato o sciolto ha iniziato ad attaccarli. Il padrone dei lupi si è impaurito. Aveva ormai un esercito di belve con le dentiere al posto delle zanne. Non riusciva più a fare ecatombi. E allora li riuniva davanti alla luna piena, e li faceva ululare forte, sempre più forte. Quel lugubre urlo gelava il sangue. Ma era solo urlo ormai. Però i pavidi si lasciavano impressionare, e contrattavano intercessioni per la loro salvezza, col padrone dei lupi.

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Tanto per esser chiari e uscire da metafore, che per quanto suggestive rischiano di essere noiose. Il fabbricante di mostri è il nostro potere locale, uguale a se stesso da secoli, che si è sempre frapposto tra la nostra terra e il potere centrale debole, quale indispensabile intermediario. I mostri sono rappresentati da un apparato malavitoso ormai in declino, e attenzione i lupi veri sono un numero ristretto che si circonda di poveracci per proteggersi, illudendoli di far parte di un branco invincibile. Poveracci che sino a qualche anno fa erano gli unici a pagare, e duramente. I cani siamo noi, i calabresi, che abbiamo aperto la porta al nemico. Che non abbiamo saputo difendere la preda, la nostra terra, sperando che i lupi attaccassero gli ovili vicini.
Le bombe sino ad ora sono state degli ululati alla luna. Ma se non si abbatterà la fabbrica dei mostri, il padrone dei lupi. Se non si distinguerà fra lupi veri e lupi spelacchiati. Se non torneranno i cani a difendere il gregge. Il branco si riformerà, più famelico di prima. E addio gregge, per altri quarant'anni.

Gioacchino Criaco, scrittore, è nato e vive ad Africo, nel cuore dell'Aspromonte. Ha scritto Zefira e Anime nere, pubblicati dall'editore Rubbettino.

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