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In una fossa comune gli immigrati uccisi dai narcos messicani

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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2010 alle ore 08:01.

BUENOS AIRES. Dal nostro corrispondente
Un'altra carneficina in Messico. I soldati hanno scoperto 72 cadaveri in una fattoria usata come base dai narcos: 58 uomini e 14 donne gettati in una fossa comune a San Fernando nello stato di Tamaulipas, nel nord-est del paese a circa 150 chilometri dal confine con il Texas. Tutti migranti clandestini, in gran parte provenienti da Ecuador e Brasile, intercettati mentre tentavano di passare la frontiera tra Messico e Stati Uniti e che non hanno accettato di fare i manovali di una banda di narcotrafficanti, secondo quanto ha raccontato alle autorità messicane, un ecuadoriano, l'unico sopravvissuto, alla strage, trasportato all'ospedale con numerose ferite.
La scoperta è avvenuta dopo l'ennesimo scontro a fuoco che ha causato la morte di 4 persone, tra cui un militare. Il blitz nella fattoria è avvenuto dopo un raid aereo. Nel ranch i militari hanno anche trovato 21 pistole, 7 fucili 101 caricatori, e quasi 6.949 cartucce di diverso calibro, quattro giubbotti antiproiettile, giacche mimetiche e quattro camion con falsa immatricolazione camuffati da mezzi del ministero della Difesa. Sempre ieri, nella stessa regione, i cadaveri di otto persone sono stati ritrovati in due camion abbandonati.
Le due fazioni che si contendono il territorio di Tamaulipas sono Los Zetas e il cartello del Golfo. Non si tratta della prima fossa comune ritrovata, ma di quella con il maggior numero di vittime da quando il presidente Felipe Calderon, nel 2006, ha avviato l'offensiva contro i cartelli della droga. Altri ritrovamenti, nelle ultime settimane, sono avvenuti nello stato di Guerrero, nel sud-ovest del paese. Il 7 giugno, in una miniera d'argento abbandonata da tre anni nei pressi di Taxco, sono stati ritrovati 55 cadaveri, a una profondità di 200 metri. Non solo fosse comuni, purtroppo. I cartelli messicani hanno anche altri metodi per sbarazzarsi delle proprie vittime, tra cui quello di scioglierle nell'acido. Nel gennaio del 2009, Santiago Meza - alias el pozolero, letteralmente quello che prepara lo stufato - ha ammesso di aver fatto sparire 300 cadaveri in questo modo, su ordine di un cartello della droga.

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Tags Correlati: Barack Obama | Ciudad Juarez | Ecuador | Felipe Calderon | Los Zetas | Pubblica Amministrazione | San Fernando | Santiago Meza | Stati Uniti d'America | Tamaulipas

 

Quella in corso in Messico è una vera guerra che ha provocato più di 28mila morti in meno di quattro anni. Il maggior traffico di droga si trova soprattutto nelle città gemelle, quelle al confine tra Stati Uniti e Messico, un vero e proprio distretto della droga, conteso da 6 o 7 cartelli. Ciudad Juarez ed El Paso, Tijuana e San Diego, Laredo e Nuevo Laredo, Brownsville e Matamoros: frontiere porose da cui ogni giorno transitano migliaia di camion, il principale mezzo di trasporto usato dai narcos.
Calderon, ormai in aperta polemica con Barack Obama, non riesce più a fronteggiare la violenza della guerra in atto. Corruzione, impunità, sistemi giudiziari inefficienti sono i nodi del problema. La presidenza messicana dichiarò, meno di un anno fa, che l'80% della polizia è corrotta. Parole che provocarono una replica durissima da parte dell'amministrazione Usa: «Il Messico è uno stato fallito». Da qui una serie di accuse reciproche terminate con una vera e propria arringa televisiva di Calderon, secondo cui non vi è alcuna probabilità di risolvere il dramma del narcotraffico senza un'esplicita e piena collaborazione degli Stati Uniti che rappresentano il mercato di sbocco della droga.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I PRECEDENTI 2010

31 gennaio
I narcos uccidono 13 studenti e altre 2 persone a Ciudad Juarez, città al centro degli scontri
13 marzo
Assassinate tre persone legate al consolato Usa sempre a Ciudad Juarez. Proteste di Obama
7 giugno
La polizia estrae 55 corpi da una miniera di Taxco
11 giugno
Killer armati irrompono in un centro di riabilitazione per tossicodopendenti a Chihuahua, a nord del paese, e uccidono 19 pazienti fra i 18 e i 25 anni

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