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Melfi, il giudice convoca la Fiom e il Lingotto

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Questo articolo è stato pubblicato il 27 agosto 2010 alle ore 08:06.


MELFI
Si va al 21 settembre. Sembra volere una pausa di riflessione il giudice del lavoro di Melfi, Emilio Minio, sull'istanza della Fiom per riammettere in fabbrica i tre lavoratori cui la Fiat nega il pieno reintegro. Istanza che i legali dell'azienda avevano subito definito come fuori procedura. Forse anche per questo Minio ha convocato le parti con un termine così lungo per il clamore mediatico del caso. Tempi lunghi anche sul fronte penale: il fascicolo è stato aperto, ma per ora non dovrebbero esserci indagati. È trascorsa così sul fronte giudiziario la giornata in cui Melfi attendeva le parole di Marchionne, mentre a poche centinaia di metri dallo stabilimento Fiat i lavoratori di un'azienda dell'indotto entravano in sciopero per una vicenda tutta interna ma legata alla crisi dell'auto.
La convocazione del 21 settembre indica la volontà del giudice di decidere solo dopo aver sentito anche la Fiat. Che fa sapere di voler essere presente, perché le convocazioni vanno rispettate. A quel punto, mancheranno solo due settimane alla prima udienza di merito nella causa originaria, promossa dalla Fiom per comportamento antisindacale. Ma la sentenza non sarà a breve: c'è una quarantina di testimoni da ascoltare e i loro racconti saranno determinanti perché la ricostruzione fatta dalle parti diverge nettamente. Mentre la Fiat denuncia il blocco di un carrello che trasportava materiale a una delle linee di produzione, la Fiom e i tre operai ribattono che era in corso un corteo organizzato da tutti i sindacati e che comunque il carrello era già fermo, forse per un malfunzionamento.
Sul fronte penale i tempi sono lunghi, non tanto per le ferie dei magistrati. La Fiom non ha denunciato (per inottemperanza ai provvedimenti dell'autorità) una persona in particolare: ha chiesto alla Procura di individuare tutti coloro che hanno concorso a determinare la scelta di non riammettere sulla linea i tre operai. Quindi è possibile che si vada ben oltre la persona che ha firmato per l'azienda il verbale con cui l'ufficiale giudiziario ha intimato il reintegro lunedì scorso. Lo scopo della Fiom potrebbe essere quello di coinvolgere i vertici aziendali.

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Tags Correlati: Alfa Romeo | Antonio Pepe | Antonio Zenga | Carmine Vaccaro | CGIL | Cisl | Emanuele De Nicola | Emilio Minio | Fiat | Fiom | Giovanni Barozzino | Giustizia | Marchionne | Melfi | Uil

 

Le reazioni locali alle parole di Marchionne sottolineano che Melfi si trova al centro di una vicenda ben più ampia rispetto all'episodio contestato. Giovanni Barozzino, uno dei tre operai, ha chiesto a Marchionne di venire a vedere di persona la realtà. Il segretario regionale Cgil, Antonio Pepe, si è detto basito da quanto detto da Marchionne; il suo omologo della Fiom, Emanuele De Nicola, ha detto che i lavoratori non sono automobili e ha accusato governo, Cisl e Uil di voler cancellare i loro diritti. Antonio Zenga (Fim Basilicata) chiede di uscire dalla «logica delle tifoserie». Carmine Vaccaro (segretario regionale Uil) ribadisce la richiesta di nuove regole sulla rappresentanza.
Il tutto mentre nella stessa area industriale era in corso uno sciopero alla Commer Tgs (rivestimenti per auto), per il licenziamento di due operai da anni dichiarati inabili per ragioni di salute. Una vicenda legata solo al calo della produzione Alfa a Pomigliano e che tutti i sindacati tengono a ridimensionare. Ma che, se non fosse risolta presto, potrebbe incrociarsi col caso Fiat-Fiom.
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