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Questo articolo è stato pubblicato il 27 agosto 2010 alle ore 08:07.
ROMA. Pier Luigi Bersani interrompe il silenzio agostano per mettere sul tavolo la sua proposta, che fa da controcanto a quella illustrata da Walter Veltroni: se l'ex sindaco di Roma aveva detto no alle "sante alleanze" contro Silvio Berlusconi richiamando il valore del bipolarismo, Bersani ripropone un "nuovo Ulivo" che coinvolga «tutte le forze progressiste», una «alleanza democratica» che permetta una «legislatura costituente» e punta a «sconfiggere una interpretazione populista e distruttiva del bipolarismo».
Bersani traccia la rotta del partito per i prossimi mesi in una lunga lettera-manifesto a Repubblica: «Una proposta politica chiara e precisa» sottolinea in serata il leader democratico replicando all'attacco di Berlusconi che aveva parlato di "ammucchiate". «La sua è un'ammucchiata» ribatte Bersani che poi spiega di volersi rivolgere a «tutti quelli che...», senza escludere Casini, Fini e perché no Montezemolo.
Parole che, come era accaduto per l'intervento di Veltroni, suscitano reazioni opposte tra i democratici: con Bersani si schiera però la maggioranza del partito (Rosy Bindi e Ugo Sposetti, Francesco Boccia e Vannino Chiti). «Una proposta forte che accelera la costruzione di un'alternativa e indica la via per realizzare una coalizione credibile e in sintonia con le domande del Paese» è l'apprezzamento di Piero Fassino che arriva dalla minoranza. Un asse che si estende a Dario Franceschini. Tra i contrari si segnala il popolare Giuseppe Fioroni che ritiene «poco serio» un patto che vada da Fini a Vendola.
«Occorre l'impegno univoco di tutte le forze progressiste – scrive Bersani –. Il consenso per il Cavaliere è ancora largo, ma il rapporto tra promesse e realtà è sempre più labile». Poi, replicando a distanza a Veltroni chiarisce: «Tocca al Pd innanzitutto, come maggiore forza dell'opposizione, indicare una strada che colleghi efficacemente l'iniziativa di oggi alla sfida radicale e dirimente di domani. Rendendoci disponibili oggi ad un governo di transizione non cerchiamo né scorciatoie né ribaltoni. È l'esclusione in via di principio di questa ipotesi, il vero strappo costituzionale». E ancora: «Sto parlando di una alleanza che può assumere, nell'emergenza, la forma di un patto politico ed elettorale vero e proprio, o che invece può assumere forme più articolate di convergenza che garantiscano comunque un impegno comune sugli essenziali fondamenti costituzionali e sulle regole del gioco».