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Bernanke: siamo pronti a tutto

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 agosto 2010 alle ore 08:03.

Ben Bernanke farà «tutto il possibile» affinché la ripresa americana non si spenga e anzi ritrovi slancio. A Jackson Hole, davanti a una platea di banchieri centrali ed economisti di oltre 40 paesi riuniti al forum annuale organizzato dalla Federal Reserve, Bernanke ha dichiarato guerra alle nuove incognite sulla crescita e alle paure di ricadute in crisi e deflazione. «Siamo pronti – ha detto – a fornire addizionale sostegno all'economia attraverso misure non convenzionali, specialmente se l'outloook dovesse peggiorare significativamente».
I toni di Bernanke sono parsi tranquillizzare, almeno nell'immediato, mercati scossi dal moltiplicarsi di sintomi di fragilità dell'espansione: Wall Street ha inscenato un mini-rally, spingendo l'indice Dow Jones in rialzo nel pomeriggio di circa l'1,6% (positive anche le Borse europee). Gli investitori, dopo le parole di Bernanke, hanno anche lasciato in disparte le preoccupazioni sulle divisioni all'interno della Fed, tra chi invoca strategie di stimolo e chi invece mette in guardia da future spirali inflazionistiche.
Nel ventaglio di misure straordinarie considerate dalla Fed, con i tassi interbancari ormai arma spuntata perché vicini allo zero, Bernanke ha citato anzitutto nuovi acquisti in grande stile di asset, probabilmente bond governativi ma forse anche titoli legati ai mutui. Il presidente ha indicato di ritenere simili iniziative fra le più sicure: «Qualora il Federal Open Market Committee (l'organismo decisionale Fed, ndr) decidesse di procedere, credo che addizionali acquisti di titoli a lunga scadenza sarebbero efficaci nel migliorare le condizioni finanziarie». Simili operazioni andrebbero al di là di quanto già ipotizzato dalla Fed nell'ultimo incontro al vertice, il semplice reinvestimento in treasury dei proventi di obbligazioni immobiliari in scadenza nel suo portafoglio. Bernanke ha rastrellato simili titoli negli ultimi anni per salvare dal crack il sistema finanziario, in una campagna complessiva da 1.700 miliardi di dollari.
Il presidente, nel suo discorso, ha citato almeno altre due opzioni oggi nell'arsenale della Banca centrale: in primo luogo garantire più dettagliate informazioni nei comunicati della Fed sulle intenzioni di mantenere i tassi d'interesse a livelli minimi. Una strategia mediatica, cioè, all'insegna di maggior trasparenza e che segnali tassi bassissimi per una fase «più lunga di quella ipotizzata dai mercati». Finora Bernanke e i suoi colleghi si sono limitati a ripetere genericamente che il costo del denaro rimarrà ai minimi «per un esteso periodo». La terza arma da sfoderare sarebbe infine la riduzione, fino a zero, negli interessi pagati dalla Banca centrale sulle riserve lasciate dagli istituti di credito presso la Fed. Anche se è giudicata tra le meno efficaci per aiutare liquidità e crescita.

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Bernanke, tuttavia, pur dichiarandosi pronto a nuovi interventi per rassicurare investitori e operatori economici non ha garantito il ricorso ad alcuna delle ipotesi. «La questione è se, e in quale momento, i vantaggi di ciascuna di queste opzioni sono superiori ai rischi», ha precisato. Pericoli, infatti, sono in agguato davanti alla stessa strategia preferita, quella a base di nuovi acquisti di asset: accanto a dubbi sui risultati, in gioco ci sono danni alla credibilità della Fed provocati da un bilancio troppo gonfio ed esposto a tensioni.
Alla radice della cautela c'è un giudizio equilibrato sullo stato dell'economia: Bernanke ha ammesso che l'alta disoccupazione causa allarme e che la crescita è stata troppo debole nell'ultimo anno ed è «vulnerabile» a eventi imprevisti. Ha però aggiunto che un passaggio di testimone tra incentivi pubblici e consumi e investimenti aziendali «sembra in corso». Tutto ciò indica che le «precondizioni» per un rafforzamento della ripresa dal 2011 «rimangono valide». Il presidente della Fed ritiene al momento scarsi i rischi sia di «un indesiderato aumento dell'inflazione che di una significativa ulteriore disinflazione».
A Jackson Hole è intervenuto anche il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, che ha ribadito la più cauta posizione europea. Le misure non convenzionali, ha affermato Trichet, «sono utili per ricreare un ambiente nel quale gli interventi standard possono funzionare efficacemente». Forse una critica velata al ricorso americano a strumenti straordinari, utilizzati per sostenere la congiuntura ritenuta troppo debole.
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