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Questo articolo è stato pubblicato il 28 agosto 2010 alle ore 08:08.
ROMA
Sono decine e decine le imprese italiane che in questi mesi stanno navigando tra il rischio di insolvenza e l'attivazione di un piano per il rilancio. A settembre si riunirà il primo comitato del ministero dello Sviluppo economico che dovrà deliberare sull'erogazione dei 70 milioni del Fondo per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà. Il fondo è limitato alle medie e grandi imprese – tra 50 e 250 addetti – e la sua capienza sulla carta è già esaurita visto che la ventina di domande pervenute a Invitalia, l'agenzia incaricata di effettuare l'istruttoria, prevedono complessivamente interventi per 78 milioni. Il contributo che può offrire il fondo, che prevede aiuti sotto forma di garanzia statale sui finanziamenti bancari contratti dall'impresa, appare dunque solo una goccia nell'oceano.
La maggioranza delle richieste di garanzie è rivolta a progetti di ristrutturazione (68 milioni) mentre solo 10 milioni riguarda operazioni di salvataggio. Nei piani presentati a Invitalia si riportano numeri e interventi per tentare la risalita: riorganizzazione del portafoglio prodotti, ristrutturazione delle attività che possono essere riportate a livelli competitivi, diversificazione verso nuove attività redditizie. I progetti contengono anche il dettaglio degli interventi finanziari, le previsioni di vendita e capacità produttiva, analisi dei costi operativi, mercato di approvvigionamento delle materie prime, piano occupazionale compresa la previsione del costo medio annuo per addetto. Andrea Bianchi, direttore generale del ministero per la politica industriale, «spiega che quasi la totalità delle domande arrivate riguarda le medie imprese, anche in considerazione del fatto che per le "grandi" la procedura è più complessa e richiede la notifica della misura alla Commissione europea». Questo strumento – aggiunge Bianchi – «va considerato un'opzione intermedia tra il Fondo di garanzia per le Pmi e i meccanismi per le grandi imprese come la legge Prodi». Le aziende in lizza per la garanzia statale arrivano da diversi settori – metalmeccanico, costruzioni, nautica, information technology – e sono per due terzi attive in regioni del Centro-nord. Da sottolineare tuttavia alcuni limiti che caratterizzano il Fondo. Innanzitutto i tempi necessari affinché, alla stregua di un fondo rotativo, si rialimenti: le aziende infatti hanno a disposizione una finestra molto ampia, da due a cinque anni, per restituire il finanziamento. Va inoltre considerato che il fondo può rischiare nei casi più critici di essere l'anticamera del fallimento, garantendo solo una boccata d'ossigeno di pochi mesi ad aziende in condizioni quasi irreversibili, che poi potrebbero non offrire copertura al ministero.