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La destra Usa trova il suo predicatore

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 agosto 2010 alle ore 08:00.

Un popolo in cammino, zaino in spalla, bandiera americana in una mano, macchina fotografica o telecamera nell'altra, diretto il più vicino possibile al Lincoln Memorial di Washington: è la gente dei Tea Party, l'America bianca, liberista e conservatrice che ha risposto in massa alla chiamata di Glenn Beck, star televisiva di Fox News.

Il National Mall si è riempito come per le grandi occasioni, anche se meno del 28 agosto del 1963, quando Martin Luther King cambiò le sorti del paese pronunciando il discorso I have a dream. Sono arrivati dal Maine e dal Texas, dalla Virginia e dal Maryland, dall'Ohio e dall'Arizona, dall'Illinois e dalla Pennsylvania per fare sentire forte la propria voce, critica verso un governo che disapprovano in tutto e verso un partito - quello repubblicano - nel quale in passato si sono riconosciuti ma che ora li delude.

E Beck, che da giorni martellava con pubblicità televisive e radiofoniche invitando gli americani a partecipare, ha tenuto bene il palco, alternando battute a toni enfatici, introducendo con savoir-faire ospiti come Sarah Palin e Alveda King, nipote del pastore che impresse una svolta alla lotta per i diritti civili. «Qualcosa al di là di ogni immaginazione sta accadendo», ha esordito Beck, in camicia azzurra e cravatta scura. «L'America, dopo aver vagato a lungo nell'oscurità, sta ricominciando a rivolgersi a Dio», ha proseguito tra le ovazioni della folla. «Oggi vogliamo concentrarci sulle cose buone, quelle che abbiamo realizzato e quelle che possiamo fare domani. La storia dell'America è la storia dell'umanità». Il tema del giorno, quel "Restoring honor" (ripristinare l'onore) scritto su molte magliette, puntava a celebrare gli eroi americani e i soldati impegnati a difendere i valori patriottici di libertà e democrazia. Un compito affidato alla Palin, simbolo del Tea Party e candidata nel 2008 alla vice presidenza dal partito repubblicano. «Sono qui non da politico ma come madre di un soldato», ha detto riferendosi al figlio che è stato in Iraq. Dopo aver raccontato la storia di tre militari presenti sul palco, e che hanno strappato caldi applausi, ha detto a chiare lettere che l'esercito è una forza importante della nazione «e non ci si deve scusare per questo». Poi, arringando la folla: «Avete la stessa spina dorsale e gli stessi valori morali di Washington, Lincoln e Martin Luther King. Sono in voi. Vi sosterranno come hanno sostenuto loro. Con orgoglio, siamo uniti, ripristiniamo l'onore dell'America». A questo punto tutti hanno cominciato a gridare U-S-A, U-S-A.

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Tags Correlati: Alveda King | Debra Friedjin | Fox News | Glenn Beck | Helen Burch | Illinois | Kathy Deitz | Larry Johnson | Lincoln | Martin Luther King | Maryland | Ohio | Partiti politici | Tea Party

 

Non è mancata la testimonianza, interrotta dalle lacrime, di una mamma che ha perso il figlio in guerra. Così come l'intervento della nipote di King, che ha citato «uncle Martin», ha richiamato il paese all'unità e all'amore, superando le divisioni razziali e i colori politici. Ma parlando con la gente accorsa alla manifestazione, quasi tutti adulti, sono emersi uno spirito ben più pragmatico e un malcontento che Beck ha saputo intercettare. Diana Spencer, 46 anni, infermiera di Cleveland, Ohio, è preoccupata: «Questo governo ci sta portando allo sfascio. Dobbiamo tornare alle origini, a uno stato meno invadente. Basta spendere così tanto e con i nostri soldi». Dello stesso tenore i commenti di Helen Burch. Giunta da Urbana, Illinois, ha la bellezza di 74 anni compiuti il giorno precedente. «Il miglior regalo è essere venuta qui», sorride, la maglietta rossa con la scritta "Campaign Tea Party" e un cappello a stelle e strisce. Helen, insegnante in pensione, è registrata come indipendente. «Voto il miglior candidato in gara», dice con aria di sfida, contestando poi la riforma della sanità: «Non si può dire a un americano quello che deve fare, l'indipendenza è sempre stata una nostra caratteristica».

C'è chi partecipa per pura curiosità, come Larry Johnson, dal Maryland. O chi, come l'estetista Kathy Deitz, è partito da Atlanta solo per ascoltare dal vivo Beck, «un uomo coraggioso, anti-establishment, dice la verità che altri non dicono ed emana un'energia contagiosa». Intanto il tempo passa, sotto il sole cocente di Washington. Sul palco è il turno di un gruppo afroamericano che fa un pezzo soul, sono gli unici neri in mezzo a una folla oceanica. Cinquecentomila, arriveranno a stimarne gli organizzatori. Esagerando. Ma certo alcune decine di migliaia. Debra Friedjin, 40 anni, di Boston, ricorda di quando guadagnava «settantamila dollari all'anno, ora sono a meno di 35mila». Lavora con le banche e si occupa di mutui, il cuore della crisi che ha colpito anche lei. Ma dal palco Beck, nei 35 minuti finali dopo quattro ore di interventi e arringhe, ripete per l'ennesima volta che questo non è un evento politico. Torna a parlare di Dio, della famiglia, della verità e dei valori americani, della «necessità di dedicare tempo ai nostri figli». E raccoglie gli ultimi applausi di questo 28 agosto.

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