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Processo breve avanti, no dei giudici

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 agosto 2010 alle ore 08:00.


ROMA
Siamo all'allenamento di rifinitura, alle dichiarazioni prepartita in attesa del fischio di inizio del campionato della politica che avverrà tra una settimana, quando Gianfranco Fini, a Mirabello, pronuncerà il suo discorso. Giustizia ma anche la riforma della legge elettorale restano al centro del confronto, mentre Umberto Bossi torna a evocare il voto anticipato: «Con Berlusconi abbiamo voluto dare un'ultima possibilità. La seconda volta no».
Ieri sulle colonne del Corriere della sera il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha ribadito che il processo breve resta una delle priorità, aggiungendo però che il governo è pronto a «investimenti straordinari» per garantire al sistema giudiziario di poter rispettare l'accelerazione dei tempi imposta dalla nuova legge ed evitare così la cancellazione dei processi. Un'ipotesi che punta a superare il veto finiano sul provvedimento finora bollato come «un'amnistia mascherata». Un segnale di disponibilità che sembra trovare orecchie sensibili tra i moderati di Futuro e libertà. Silvano Moffa (in un'intervista al Giornale) ha indicato proprio in un incremento delle risorse finanziarie uno degli elementi decisivi perché possa arrivare l'assenso finiano. Ma stiamo parlando appunto di segnali. E non a caso Italo Bocchino, che sarà pure falco ma pur sempre tra i più vicini a Gianfranco Fini, invia in serata un messaggio assai meno tranquillizzante: «Furono Berlusconi e Fini insieme a valutare che fosse meglio fermarsi sul processo breve a causa delle perplessità venute dal Quirinale. Noi siamo disponibili a discutere, ma il ministro Alfano ci spieghi come intende superare quelle perplessità». Nessun via libera, ma neppure una bocciatura. Per ora a prevalere è la cautela.
A schierarsi nettamente contro il rilancio del processo breve proposto dal Guardasigilli è invece l'Associazione nazionale magistrati. «È grave e non più tollerabile che in un momento nel quale la giustizia è al collasso e si verificano allarmanti episodi di violenza e minacce – è la risposta del presidente dell'Anm Luca Palamara – si continua a perdere tempo con disegni di legge come quello sul processo breve che nulla ha a che vedere con l'esigenza di affrontare le vere priorità del sistema giustizia e con l'urgenza di contrastare più efficacemente la criminalità organizzata». Giudici e pm ritengono che la riproposizione del processo breve (fermo ormai da mesi alla Camera dopo l'approvazione del contestatissimo testo al Senato) non serva ma anzi penalizzi ulteriormente il lavoro dei magistrati e non senza polemica invitano lo stesso Guardasigilli a confrontarsi con loro a «partecipare all'assemblea convocata a Reggio Calabria per il prossimo 7 settembre per sapere da loro se effettivamente la priorità è costituita dal processo breve o, invece, dalle drammatiche situazioni in cui quegli stessi uffici si trovano». Contro il processo breve si scaglia anche l'Idv. Per il partito di Di Pietro la promessa di «risorse straordinarie» in cambio della legge che – sostengono – provocherebbe la «cancellazione di 100mila processi», è finalizzata solo a «salvare» il premier «assicurandogli la prescrizione».

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Tags Correlati: Adolfo Urso | Anm | Antonio Martino | Benedetto Della Vedova | Camera dei deputati | Corte di Cassazione | Di Pietro | Idv | Italo Bocchino | PD | PDL | Senato | Silvio Berlusconi | Umberto Bossi

 

Dura la replica di Alfano. Per il ministro della Giustizia le parole pronunciate da Palamara confermano che «l'Anm sa dire solo no e non formula proposte in grado di fare uscire la giustizia dallo stato di paralisi». «La criminalità – ha aggiunto il Guardasigilli - noi l'abbiamo combattuta e la combattiamo con le nostre leggi e nelle sedi di trincea; e per coprire i vuoti di organico, proprio nelle sedi di trincea, abbiamo approvato all'unanimità, in Parlamento, due decreti, mentre la Anm difendeva evidentemente i privilegi corporativi della casta».
Ad infuocare ulteriormente il clima è anche il dibattito sulla legge elettorale. Il forcing del Pd per la cancellazione cancellazione del porcellum viene respinto dal Pdl. Silvio Berlusconi non ha alcuna intenzione di rivedere l'attuale sistema, come confermano all'unisono i capigruppo di Camera e Senato Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri. La proposta del Pd viene invece valutata attentamente da Futuro e libertà. E non a caso tra i firmatari dell'appello comparso sul Corriere della sera per un ritorno al maggioritario, a cui hanno aderito molti esponenti del centro-sinistra, in primis i radicali, e diversi docenti e intellettuali, ci sono i finiani Adolfo Urso e Benedetto Della Vedova ma anche dell'ex ministro Antonio Martino.
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LA NORMA CONTESTATA

«Paletti» ai procedimenti
Il provvedimento sul cosiddetto "processo breve" (approvato dal Senato e ora fermo alla Camera) fissa dei paletti più stringenti sulla durata dei procedimenti: un processo deve considerarsi estinto se il giudizio di primo grado non sia concluso entro tre anni (dall'esercizio dell'azione penale da parte del Pm); entro due per l'appello ed entro un anno e sei mesi per il giudizio in Cassazione. Termini che riguardano solo i processi relativi a reati con pene inferiori nel massimo a 10 anni. Per i processi in corso (su reati commessi prima del maggio 2006) la "tagliola" scatta però dopo due anni
I termini si allungano in presenza di reati più gravi: quattro anni per il primo grado; due per l'Appello; un anno e sei mesi per il giudizio di merito. Fino ad arrivare ai reati di mafia e terrorismo per i quali il primo grado dovrà durare cinque anni: tre per l'appello e due per la Cassazione

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