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Iran: «Carla Bruni merita la morte»

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Questo articolo è stato pubblicato il 01 settembre 2010 alle ore 08:02.

Il caso Sakineh, la donna iraniana condannata alla lapidazione da un tribunale del suo paese, sta facendo salire la tensione tra Iran e Francia con accuse al vetriolo, proteste diplomatiche e minacce francesi attraverso il suo ministro degli Esteri Bernanrd Kouchner di varare «nuove sanzioni europee» nel caso in cui Teheran volesse applicare la condanna a morte della donna.

Dopo averla definita «prostituta italiana», ieri il quotidiano Kayhan, una sorta di Pravda iraniana, la voce del regime, ha rincarato la dose e ha dichiarato che Carla Bruni, la moglie del presidente francese Nicolas Sarkozy, «merita la morte» per aver difeso un'iraniana condannata alla lapidazione. La Bruni aveva scritto all'iraniana che «dal fondo della vostra cella sappiate che mio marito difenderà la vostra causa senza sosta e che la Francia non vi abbandonerà». Sarkozy si era addirittura assunto la «responsabilità» della sorte di Sakineh. Parigi ha protestato duramente mentre il governo di Teheran ha preso le distanze dalle frasi più ingiuriose contro la moglie del presidente francese.

Il quotidiano ultra-conservatore iraniano "Kayhan" ieri ha rinnovato i suoi attacchi all'indirizzo della premiére dame in un articolo in cui respinge «l'indignazione di questa prostituta italiana». «L'esame del passato di Carla Bruni mostra chiaramente perché questa donna immorale abbia sostenuto una iraniana condannata a morte per adulterio e per aver partecipato all'omicidio del marito e lei stessa merita la morte», ha aggiunto il giornale.

Il quotidiano oltranzista iraniano ha ricostruito nei dettagli tutte le relazioni passate della premiére dame citando «il rapporto illecito con il presidente Sarkozy, prima del suo divorzio con la sua seconda moglie Cécilia, con Mick Jagger nei primi anni 2000, con Kevin Costner, Vincent Perez, Donald Trump e anche l'ex primo ministro britannico (francese ndr) Laurent Fabius». Il quotidiano ha anche ricordato con minuzia, fatto assolutamente anomalo per un regime sessuofobo come quello iraniano, la vicenda della relazione di Carla Bruni con lo scrittore e critico letterario Jean-Paul Enthoven, poi con suo figlio Rafäel, il cui scandalo ha poi portato al divorzio tra Rafaël e la moglie Justine, figlia di Bernard-Henri Lévy. Senza contare l'intervista a Madame Figaro dove l'ex modella affermava di non essere portata per la «monogamia».

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Tags Correlati: Amnesty International | Bernanrd Kouchner | Carla Bruni | Corte Suprema | Donald Trump | Eliseo | Isabelle Adjani | Karroubi | Kevin Costner | Ministero degli affari Esteri | Moussavi | Parigi | Politica | Sakineh Mohammadi Ashtiani | Teheran | Vincent Perez

 

Sabato scorso, lo stesso giornale aveva dato alla Bruni della «prostituta» per la sua vita privata «immorale» mentre aveva definito «corrotta» l'attrice francese Isabelle Adjani. Entrambe avevano firmato il 23 agosto una petizione per il rilascio di Sakineh Mohammadi Ashtiani, l'iraniana, 43 anni, madre di due figli, condannata (sentenza sospesa) a morte per lapidazione.

Insulti volgari contro i quali Parigi ha reagito. «Comunichiamo alle autorità iraniane che le ingiurie del quotidiano Kayhan, riprese da siti iraniani nei confronti di molte personalità francesi, tra cui la signora Carla Bruni-Sarkozy, sono inaccettabili», ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri, Bernard Valero, precisando che «il messaggio è stato trasmesso per le vie diplomatiche abituali». Anche il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini («su Carla Bruni affermazioni orrende») e quello delle Pari Opportunità, Mara Carfagna hanno chiesto «un atto di clemenza» a Teheran su Sakineh.

Da parte sua, il governo iraniano ha fatto sapere di «non approvare» gli insulti di alcuni media iraniani contro la moglie del presidente Sarkozy. «Si può criticare la politica ostile di certi paesi o il comportamento dei responsabili di altri paesi ma non si possono utilizzare espressioni offensive», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Ramin Mehmanparast nel tentativo di prendere le distanze dal giornale il cui direttore è nominato dalla Guida suprema.

Infine venti intellettuali francesi hanno lanciato ieri un appello in favore di Ebrahim Hamidi, giovane condannato all'impiccagione in Iran perché omosessuale.

LA VOCE DELL'AYATOLLAH
Dietro l'attacco il no a ingerenza esterne
Il giornale di Khamenei
Le accuse iraniane a Carla Bruni, premiére dame de France, non possono venir prese alla leggera poiché arrivano dalle colonne di Keyhan, la Pravda iraniana, il quotidiano considerato la voce ufficiale del regime, il cui direttore, Hussein Shariatmadari, è nominato direttamente dalla Guida suprema, l'ayatollah Ali Khamenei.
Shariatmadari è un personaggio di spicco del regime, considerato come un ponte tra la destra religiosa conservatrice e il presidente Ahmadineajd, una sorta di premier ombra di Khamenei. Il direttore esprime la linea ufficiale della Guida suprema e anticipa sempre la linea del governo.
Ultimamente il quotidiano si è scontrato contro Ahmadinejad, punzecchiandolo ripetutamente e manifestando così un tentativo di Khamenei di tornare a un ruolo più imparziale nella lotta in corso tra riformisti di Moussavi e Karroubi e soprattutto tra i conservatori guidati da Ali Larijani, il presidente del parlamento, e quelli che si rifanno al presidente Mahamoud Ahmadinejad e ai Pasdaran, i Guardiani della rivoluzione.

LA DONNA DIVENTATA UN SIMBOLO
Dopo le 99 frustate l'attesa dell'esecuzione
«Adultera»
Sakineh Mohammadi Ashtiani, 43 anni, è stata condannata alla lapidazione perché colpevole di adulterio e complicità nell'omicidio del marito. Madre di due figli, è stata condannata nel maggio 2006 per aver avuto una «relazione illecita» con due uomini ed è stata sottoposta a 99 frustate. Successivamente è stata condannata alla lapidazione. La pena è stata confermata nel 2007 dalla Corte suprema
La donna è rinchiusa da quattro anni nel braccio della morte della prigione di Tabriz, nel nord-ovest dell'Iran
Diversi Paesi, tra cui anche Stati Uniti e Brasile, le hanno offerto asilo per tentare di salvarle la vita
Il 7 agosto Sakineh ha denunciato al quotidiano britannico The Guardian che le autorità iraniane starebbero preparando il terreno per giustiziarla in segreto
Non solo Iran
La lapidazione è in vigore anche in Arabia Saudita, negli Emirati Arabi Uniti, in Nigeria, Pakistan, Sudan, Yemen e nella provincia di Aceh, in Indonesia, e casi sono stati registrati in Somalia e Afghanistan, secondo Amnesty International

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