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Questo articolo è stato pubblicato il 01 settembre 2010 alle ore 08:46.
COPIAPÒ - L'escavatrice non si vede, una fitta nebbia avvolge le cime attorno alla miniera di San José. Anche i rumori arrivano attutiti, qui al campamento, l'enorme spiazzo dove stazionano le famiglie dei minatori e il coordinamento aiuti. È come se nel giorno X fosse calato un sipario naturale per favorire la concentrazione dei tecnici e dei soccorritori. L'unico rumore è lo scoppiettio dei fuochi accesi, a fianco alla tenda della ricreazione, quella dei bimbi che giocano.
Ieri è iniziata la perforazione. Per Los 33, i minatori prigionieri della montagna dallo scorso 5 agosto, è davvero iniziato il conto alla rovescia.
I tempi del recupero fluttuano, tra annunci e smentite: «entro Natale», aveva dichiarato il presidente Sebastian Pinera nei giorni scorsi. Poi l'ipotesi di un piano B capace di accorciare i tempi ed estrarre i minatori a metà ottobre.
Ogni mezz'ora arriva un tecnico che aggiorna sullo stato di avanzamento dei lavori. Si incrociano le comunicazioni ufficiali, dalla miniera, quelle provenienti dal quartier generale della protezione civile, da Santiago e quelle da Copiapò, rilasciate dal coordinamento provinciale. Una ridda di informazioni e ipotesi cui si aggiungono quelle della Croce Rossa, della Chiesa pentecostale e di quella evangelica.
Sono un po' storditi, i familiari. Gente poco abituata a destare interesse e ancora meno ai riflettori. Mai come ora la società cilena si chiede come sia la loro vita in miniera, i rischi, i pericoli, le paure. «Tanti luoghi comuni e banalità». José Vega ha 70 anni di cui 52 passati in miniera. Lavora ancora. Ed è padre di Alex Richard, 34 anni, uno de Los 33.
«È un lavoro duro, certo, ma è anche un mestiere che ti fa stare a contatto con la natura, con la terra. Quando inizi a battere, pala y picota, e avanzi, metro dopo metro, con la forza delle tue braccia e la fermezza del tuo spirito, dai un senso alla tua fatica. I minatori veri parlano alla miniera, come un campesino parla alle sue piante. Sono sicuro che Los 33 non lasceranno questo mestiere, non solo per necessità, per scelta. Il rischio c'è, eccome, e tutti noi sappiamo cogliere i segnali che arrivano dal ventre della miniera».
Le polemiche sulla sicurezza in miniera sono divampate a Copiapò ma si sono estese a La Moneda, il palazzo presidenziale. Il ministero delle Miniere e, di conseguenza Pinera, è stato accusato di speculare sulla misure che garantiscono buoni standard di prevenzione. Zone impervie, montagne e deserti, oltretutto sismici. Ieri, proprio qui, la terra ha tremato. Una scossa di 4,5 gradi Richter.