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Gioco di sguardi tra Fed e Bce

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 settembre 2010 alle ore 09:26.
L'ultima modifica è del 03 settembre 2010 alle ore 09:19.

Qual è l'orizzonte temporale rilevante per la politica economica nelle difficili circostanze attuali? I prossimi mesi, secondo il Presidente della Federal Reserve americana, Ben Bernanke. Il prossimo decennio, secondo il Presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet. Questa sorprendente divergenza di vedute e di impostazione è ciò che implicitamente emerge dai discorsi tenuti pochi giorni fa dai due banchieri centrali, all'incontro annuale di Jackson Hole.


Il discorso di Bernanke è tutto incentrato sull'andamento congiunturale dell'economia americana nei prossimi mesi, e su come la politica monetaria possa (o probabilmente non possa) scongiurare il rischio di un eventuale imminente e profondo rallentamento.

Trichet parla invece dei prossimi anni in una prospettiva di medio periodo, di come smaltire l'eccesso di debito privato e pubblico e degli inevitabili sacrifici che ciò richiederà, di come stabilizzare le aspettative dei consumatori e dei mercati, dei vincoli sull'offerta più che della carenza di domanda aggregata.

Questa divergenza di prospettive non è casuale e non riflette solo la maggiore indipendenza della Bce dal potere politico. Le diverse prospettive riflettono anche l'acuta incertezza di questo ciclo. La situazione dell'economia mondiale è davvero senza precedenti. Non vi sono molti episodi simili in passato da cui trarre lezioni utili, e se vi sono essi riguardano tempi molto lontani, come la Grande Depressione del '29, o crisi finanziarie più circoscritte che hanno colpito singoli paesi e non tutte le economie avanzate. Inoltre, questi precedenti storici lasciano intravedere rischi anche radicalmente diversi: dalla deflazione protratta nel tempo, alla crisi del debito sovrano accompagnata da profonde e rapide svalutazioni.

L'unica cosa davvero certa, come sottolineano Carmen e Vincent Reinhart in un lavoro presentato sempre a Jackson Hole, è che le crisi finanziarie di questa profondità sono sempre seguite da un decennio di crescita bassa e da disoccupazione elevata. È molto probabile che ciò accada anche questa volta.

Proprio alla luce di questa estrema incertezza, tuttavia, l'impostazione di Trichet sembra assai più condivisibile. Ormai è passata la fase dell'emergenza acuta, in cui da un giorno all'altro bisognava scongiurare il collasso dell'intero sistema finanziario offrendo liquidità e garanzie, e sostegno all'economia. Come correttamente sottolinea Trichet, ora la sfida è risanare i bilanci delle famiglie, delle banche e degli stati sovrani. Ciò richiederà tempo e una prospettiva di lungo periodo.

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Tags Correlati: Bce | Ben Bernanke | Carmen Reinhart | Fed | Istituzioni dell'Unione Europea | Jackson Hole | Jean-Claude Trichet | Vincent Reinhart

 

Soprattutto, il risanamento sarà tanto più facile quanto più stabili saranno le aspettative e minore sarà l'incertezza sugli scenari di lungo periodo. Come avverrà il risanamento dei bilanci? Con quali strumenti? A carico di chi? Sarà accompagnato da instabilità monetaria o da difficoltà sul fronte del debito pubblico? Queste incognite peseranno sulla ripresa, indurranno imprese e famiglie a rimandare gli investimenti o gli acquisti di beni durevoli, terranno alta l'avversione al rischio delle banche e degli operatori sui mercati finanziari.

Queste incognite, nei paesi più fragili, alzeranno il costo del debito pubblico.
Per dare fiducia e ridurre l'incertezza, occorre che la politica economica sia guidata da una strategia di lungo periodo, identificando fin da ora gli strumenti con cui rientrare dal debito, pubblico e privato, attuando misure dal lato dell'offerta per alzare la crescita potenziale dell'economia, e ancorando le aspettative sui prezzi futuri per evitare i rischi opposti di inflazione e di deflazione.

Il compito principale spetta ai governi, più che alle banche centrali, sebbene anche le autorità monetarie dovrebbero adoperarsi con maggior incisività per favorire la ricapitalizzazione dei rispettivi sistemi bancari, soprattutto in Europa.
Chissà se anche i politici italiani riusciranno mai ad alzare lo sguardo oltre le prossime settimane?

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