Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 03 settembre 2010 alle ore 13:32.
Due squadre cariche di storia (e di gloria) battezzano domani l'esordio di Benetton Treviso e Aironi nella Magners Celtic League. Una "prima" a lungo attesa, conquistata con fatica dalle due rappresentanti italiane che lasciano il suolo patrio per disputare un campionato internazionale aggiungendosi al meglio del rugby irlandese, gallese e scozzese. Pronostico sbarrato per gli Aironi in Irlanda con il Munster, mentre il Benetton - impegnato in casa con gli Scarlets gallesi - ha sicuramente qualche possibilità.
La Celtic League arriva alla decima edizione con un bilancio a due facce. Dal punto di vista tecnico ha sicuramente sfondato, tanto che c'è chi la considera superiore alla stessa Premiership inglese. E i risultati si vedono anche "al di fuori" della competizione: le nazionali di Irlanda e Galles hanno fatto grandi passi avanti rispetto alla fine degli anni 90 e la Heineken Cup (la Champions League del rugby) ultimamente ha parlato spesso celtico grazie alle affermazioni delle irlandesi Munster e Leinster. Dal punto di vista del budget e dell'appeal commerciale, invece, i progressi sembrano abbastanza limitati: il prodotto piace ai sostenitori e le partite si giocano spesso davanti a spalti affollati, ma - vista anche la consistenza ridotta dei mercati di riferimento - né sui diritti televisivi né sulle sponsorizzazioni si spuntano grandi cifre.
Le italiane partono con le carte in regola, avendo i requisiti economici-finanziari (verificati da Deloitte) e quelli logistici e organizzativi. Certo, si presentano come "minnows", pesci piccoli, nonostante gli sforzi compiuti. Se l'anno scorso il Benetton e il Viadana (capofila della franchigia lombardo-emiliana degli Aironi) avevano speso una cifra fra i 3 i 4 milioni per rimanere ai vertici del Super10, stavolta la cifra è raddoppiata. Investimenti cospicui (anche con l'intervento della federazione italiana, che contribuisce a pagare una quota superiore al 50% per gli ingaggi dei giocatori giudicati di interesse nazionale e di alcuni componenti dello staff tecnico) che hanno portato a concentrare la gran parte degli azzurri nei due superclub.