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Questo articolo è stato pubblicato il 05 settembre 2010 alle ore 08:04.

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ROMA
L'inchiesta a Perugia sul G-8 stringe i tempi, in attesa della Cassazione. La Corte suprema, infatti, entro fine mese dovrebbe decidere sulla competenza dei giudici perugini: se non fosse confermata, l'indagine svolta finora dai pubblici ministeri Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi finirebbe in un vicolo cieco.
Intanto, però, l'inchiesta si addentra in una serie di filoni e la prossima settimana potrebbe preludere a sviluppi ulteriori. La lista dei 100 nomi presa sul computer del commercialista Stefano Gazzani, sodale dell'imprenditore Diego Anemone, potrebbe essere una traccia importante per nuovi risultati. Nomi e lavori che però non indicano importi e che rischiano di portare a una ricerca impossibile o a un lavoro infruttuoso sul piano investigativo.
Per ora il nome che ha fatto più rumore è stato quello del presidente del Consiglio di stato, Pasquale de Lise, ma sui presunti sospetti segnalati dalla Banca d'Italia per un versamento di 250mila euro sul suo conto l'alto magistrato si è affrettato a smentire tutto con dovizia di particolari e precisazioni (si veda l'articolo a fianco).
De Lise però è un nome già emerso agli atti della cronaca giudiziaria del G-8 ed è certo che i pm non molleranno subito la presa. C'è poi il nome «Berlusconi» nella stessa lista. Il fratello del premier, Paolo, era già emerso dalle intercettazioni del Ros, poichè le sue aziende parteciparono al G-8 della Maddalena, ma non è indagato. Ieri è sceso in campo il legale del presidente del Consiglio, Niccolò Ghedini: «Come già documentalmente comprovato per la precedente lista, si tratta di alcuni modesti lavori di manutenzione eseguiti dalla ditta Anemone, una delle società più apprezzate nel settore edile».
Poi, ha ricordato l'avvocato, «è quindi evidente che in questa lista non vi è altro se non la riproposizione dei lavori che nella prima erano indicati con la dicitura Palazzo Grazioli». Tali lavori, ha spiegato, «erano stati ordinati da Forza Italia quale adeguamento di alcuni locali utilizzati a Palazzo Grazioli dal partito. Il prezzo dei lavori è stato regolarmente fatturato e regolarmente pagato».
Per ora a Perugia non ci sono nuovi nomi nel registro degli indagati. E i magistrati stanno valutando la possibilità che possano esserci nuovi documenti contabili collegati alla lista in ballo. Il sospetto è che ci sia una contabilità parallela e questa sì potrebbe essere, se fosse confermata, una strada significativa per uno sviluppo giudiziario. Stare solo dietro ai nomi e alle liste - ne era già emersa una precedente - rischia di portare a poco o a niente.
Del resto, non figurano al momento in calendario nei lavori dei pubblici ministeri perugini interrogatori nei prossimi giorni. L'attesa sui riscontri dei documenti, in base al lavoro della polizia giudiziaria (Ros dei Carabinieri e Nucleo tributario di Roma della Guardia di Finanza) dovrà preludere ai nuovi passaggi. Anche per consolidare le posizioni, che sembrano quantomeno compromesse, di persone come l'ex ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, o il generale della Finanza Giuseppe Pittorru, responsabile del reparto logistico dell'Aisi (Agenzia informazioni e sicurezza interna, l'ex Sisde).
Secondo il lavoro degli inquirenti sarebbe stato ormai accertato il legame tra i fondi assegnati al Sisde per ristrutturare la caserma Zignani di piazza Zama a Roma e l'acquisto, da parte di Scajola, di un appartamento con vista Colosseo, e, da parte di Pittorru, di due case nel quartiere Esquilino. Di certo, una parte dei lavori al Sisde furono svolti dalla società Medea del gruppo Anemone.
E a proposito di fondi per le ristrutturazioni, in un'altra telefonata intercettata dagli investigatori la segretaria di Scajola, Fabiana Santini – oggi è assessore alla Regione Lazio – avvisa Angelo Balducci, presidente del Consiglio superiore ai lavori pubblici (oggi è agli arresti domiciliari) che «il ministro Brambilla vuole farsi assegnare la delega per gestirli».
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TUTTI I FILONI DELL'INCHIESTA SULLA CRICCA
Gli appalti per la scuola dei marescialli di Firenze
È l'inchiesta che vede l'ex presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici Angelo Balducci, Claudio Fusi e altri indagati per concorso in corruzione nella vicenda degli appalti per la scuola dei marescialli carabinieri di Firenze. La competenza dell'indagine è passata alla procura di Roma

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