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Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2010 alle ore 08:06.
Chi l'avrebbe mai detto solo pochi mesi fa che a difendere la riforma più importante del quinquennato di Nicolas Sarkozy ci sarebbe stata l'anatra zoppa di un governo già discretamente impopolare? Eppure l'esecutivo si prepara ad affrontare le piazze francesi col rumore di fondo, ormai assordante, dello scandalo Bettencourt e delle implicazioni più clamorose: conflitto d'interessi; sospetto di fondi neri al partito neogollista Ump; vicinanza soffocante tra potere politico e potere economico come mai era accaduto nella V Repubblica, storicamente attenta a mantenere una distanza di sicurezza tra le due sfere.
Eric Woerth, ministro del Lavoro, è il portatore di una riforma previdenziale con cui la Francia si gioca anche una buona fetta di credibilità a livello europeo. Quanto è realmente votata alla riduzione di un deficit e di un debito pubblico le cui dinamiche sono da troppo tempo allarmanti? Quanta sostanza c'è e soprattutto resterà delle funamboliche promesse elettorali di Sarkozy? Allungare l'età pensionabile è in parte una risposta a questi interrogativi, mentre sul piano interno si rinnova il braccio di ferro con il sindacato e con un'opposizione socialista più ringalluzzita per le debolezze altrui che per l'esistenza di una proposta alternativa di riforma.
Tutto questo e altro poggia sulle debolissime spalle di un ministro che non molto tempo fa avrebbe potuto ambire alla poltrona di premier, in caso di logoramento di François Fillon. Woerth, l'uomo con la passione dei cavalli, laureato alla prestigiosa Hec, la Bocconi francese, e che ricopriva pure il ruolo di tesoriere dell'Ump, viene difeso con toni roboanti dalla maggioranza e dal presidente. «È l'uomo giusto», hanno ripetuto ieri in coro vari portavoce alla vigilia della manifestazione contro la riforma delle pensioni.
Ma è una difesa d'ufficio, l'atto dovuto di una classe dirigente in affanno e messa per la prima volta a dura prova dalle rivelazioni più o meno striscianti sui legami tra madame L'Oréal, Liliane Bettencourt, e la folgorante ascesa politica dell'ex sindaco di Neuilly, ex ministro dell'Interno poi dell'Economia e poi ancora dell'Interno, Nicolas Sarkozy. Si legge Woerth, ma ogni volta che appare il suo nome in testa alle cronache, gli avversari e una buona fetta dell'opinione pubblica pensano proprio al presidente della Repubblica. Riavvolgendo il film della conquista dell'Eliseo si vedono le famose immagini dei festeggiamenti dal Fouquet's, ristorante dalle poltrone in velluto rosso sugli Champs Elysées, la serata in cui il bel mondo parigino (attori, cantanti, manager, giornalisti, magnati - dei media e non - consulenti d'impresa e spin doctor vari) si strinse attorno all'uomo che avevano contribuito a eleggere. Allora si interpretò quella cena come l'ennesima rupture sarkosiana, la sovversione del canone che voleva la politica diffidente e lontana dal capitale e si salutò un capo di stato finalmente sensibile alle esigenze delle imprese.