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Maggioranza alla prova su perequazione e costi

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Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2010 alle ore 08:05.

ROMA - Perequazione e costi standard: è qui che i finiani aspetteranno al varco il resto della maggioranza. Perché è proprio nella miscela tra i nuovi parametri di spesa efficiente per regioni ed enti locali e l'aiuto ai territori svantaggiati che la riforma federale potrà rivelarsi un affare per tutti, come sostengono Lega e Pdl, o solo per la sua parte più sviluppata, come teme il presidente della Camera.

La conferma è giunta dallo stesso Gianfranco Fini che li ha citati esplicitamente dal palco di Mirabello come paletti fondamentali per realizzare un «federalismo solidale». Ora sta ai parlamentari di Futuro e libertà mettere in pratica i suoi dettami. A cominciare da Mario Baldassarri che è l'unico finiano presente nella commissione bicamerale di attuazione.
Interrogato sull'atteggiamento che terrà d'ora in avanti, Baldassarri preferisce non rispondere. Perché, per ragioni di cortesia istituzionale, vuole esprimere il suo punto di vista prima all'interno dell'organismo parlamentare e poi sui giornali. Ciò avverrà già giovedì quando si terrà un ufficio di presidenza per calendarizzare il voto sui pareri alla relazione presentata a fine giugno dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti e organizzare i lavori su due dei tre decreti varati in via preliminare dal governo prima dell'estate: Roma capitale e fabbisogni standard di comuni e province mentre per il fisco municipale bisognerà attendere il parere delle conferenze delle autonomie.
Qualche delucidazione in più sulle intenzioni di Fli giunge da Maurizo Saia, membro della commissione Bilancio del Senato e della bicamerale per la questioni regionali. Dal suo studio in pieno centro a Padova, Saia ribadisce che «occorre una riforma federale che guardi all'intero paese». Come? Ad esempio fissando l'asticella dei costi standard per le regioni (su cui interverrà uno dei tre decreti ancora in gestazione insieme al fisco provinciale e alla finanza regionale, ndr) a un livello tale che assicuri «un percorso graduale e rigoroso nei tempi ma che conceda quella giusta flessibilità per consentire alle regioni di raddrizzare i propri livelli di spesa». In modo da immaginare, precisa Saia, che «a regime, in presenza di determinate fasi congiunturali e in relazione al mutare dei cicli produttivi o generazionali, anche il Sud possa arrivare a sostenere il paese».

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Tags Correlati: Bilancio | Comitato Esecutivo | Federalismo | Gianfranco Fini | Giulio Tremonti | Helga Thaler Ausserhofer | Idv | Lega | Maurizo Saia | Palazzo Madama | Senato | Sud Valditara | Udc

 

Concetti rafforzati da un altro senatore finiano, Giuseppe Valditara, oggi segretario della commissione Pubblica istruzione di Palazzo Madama ma ieri (cioè ai ai tempi della devolution) presidente della Affari costituzionali. Per Valditara, infatti, «un conto è eliminare gli sprechi ma un altro è applicare anche in questo settore la logica dei tagli lineari».
Per esplicita ammissione di Fini, Baldassarri potrebbe risultare decisivo anche dal punto di vista numerico perché i 30 componenti della bicamerale sono equamente divisi tra maggioranza e opposizione e, dunque, il suo voto potrebbe spostare l'ago della bilancia da una parte o dall'altra. In realtà i rapporti di forza a San Macuto sono già ora diversi visto che la senatrice altoatesina Helga Thaler Ausserhofer (Svp) ha sempre votato con Lega e Pdl. Senza contare che l'opposizione può dirsi tutt'altro che unita. Alla linea dialogante del Pd – confermata tuttora dal capogruppo in commissione Walter Vitali che spera di non vedere infilato il federalismo «nel convulso tritacarne del quadro politico attuale» – si sono finora sommati il "no" netto dell'Udc, il «sì» convinto dell'Idv e le numerose perplessità dell'Api.
Mettendo da parte l'aritmetica, è indubbio che le opinioni di Baldassarri possano avere una forte valenza politica. Basti citare quanto avvenuto all'epoca del via libera al federalismo demaniale: proprio il pressing del senatore marchigiano ha convinto l'esecutivo a inserire nell'unico dlgs finora approvato in via definitiva il vincolo che i proventi delle alienazioni dei beni pubblici vadano a totale abbattimento del debito, sia centrale che locale.

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