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Al via in autunno l'offensiva alleata su Kandahar, al cuore del potere talebano

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Questo articolo è stato pubblicato il 09 settembre 2010 alle ore 22:08.

Secondo i piani iniziali doveva scattare in aprile e concludersi entro l'estate ma la resistenza opposta dai talebani e la diffidenza dei leader hanno costretto il comando alleato a rinviare all'autunno l'offensiva su Kandahar. Del resto l'altro caposaldo talebano, la città di Marjah nel distretto di Nad Alì (provincia di Helmand) è stato espugnato in febbraio dagli anglo-americani ma solo ora cominciano a insediarsi stabilmente i comandi di polizia afghani e vengono costruite scuole e strutture sanitarie per la popolazione.

In quell'area i talebani avevano opposto poca resistenza all'attacco alleato per continuare a seminare ordigni esplosivi e condurre blitz diretti soprattutto contro i civili che collaborano con le autorità governative e alleate. Le operazioni contro gli insorti a Marjah e dintorni sembrano giunte a una svolta con la cattura, avvenuta ieri, di un importante leader talebano del distretto di Nad Alì "coinvolti in ampi traffici di armi" secondo un portavoce del comando alleato.

Come aveva pronosticato il comandante delle truppe Nato, il generale David Petraeus, la strategia della contro-insurrezione comincia a dare i suoi frutti ma i tempi per renderla efficace si dilatano oltre il previsto. La necessità di chiudere definitivamente la partita a Marjah e la necessità di completare il "surge" di truppe statunitensi (conclusosi a fine agosto) hanno contribuito a far slittare l'offensiva sulla città di Kandahar e un paio di distretti limitrofi controllati dai talebani, anche se il se il generale britannico Nick Carter, comandante del settore meridionale ha mostrato ottimismo dichiarando che «il nostro obiettivo è di poter liberare la zona dai talebani entro la metà o la fine di novembre».

Nell'operazione saranno impiegati circa 15.000 soldati alleati, per lo più britannici, statunitensi e canadesi, cui si aggiungeranno 10-12.000 soldati afghani e 5.000 agenti tra polizia, guardi di frontiera e Civil Order Police, il nuovo corpo anti-insurrezione addestrato dai carabinieri italiani e dalla polizia militare statunitense.

Contro di loro, a presidiare alcuni quartieri della città si stima siano schierati un migliaio di insorti. Un numero tutto sommato limitato se si considera che Kandahar è il cuore del movimento talebano e area di reclutamento di insorti, ma le numerose operazioni condotte nelle campagne a preparazione dell'offensiva sembrano aver provocato molte perdite ai miliziani. Nei giorni scorsi un battaglione di 500 agenti della Afghan Border Police affiancati dalla polizia militare dell'Us Army e appoggiati dai jet d'attacco A-10 hanno ripulito l'area di Malajat, sobborgo a sud ovest di Kandahar amministrato dai talebani, catturando o uccidendo dozzine di ribelli e recuperando 140 ordigni improvvisati (Ied) pronti a essere seminati sulle strade.

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Tags Correlati: Afghan Border Police | Alì Nad | Chinook | Civil Order Police | David Petraeus | Kandahar | Marjah | Nato | Polizia militare |

 

Il via alle operazioni in città è stato annunciato il 31 agosto dal generale Petraeus, come ricorda un reportage pubblicato oggi dal New York Times ed è prevedibile che l'avanzata all'interno della città incontrerà una resistenza che si protrarrà per le prossime settimane. Difficile quindi che a Kandahar possano aprire molti seggi in vista delle elezioni del 18 settembre per il rinnovo del Parlamento. Solo un mese or sono il governo afghano stimava che in tutto il Paese i seggi destinati a restare chiusi per motivi di sicurezza sarebbero stati il 15 per cento, circa 930 su 6.835. Una situazione in peggioramento rispetto alle elezioni presidenziali dell'anno scorso nelle quali i seggi aperti furono 6167.

Anche quest'anno i talebani hanno invitato gli afghani a boicottare il voto ma il test elettorale sarà anche un banco di prova per le capacità delle forze di sicurezza afghane, sulla carta più forti numericamente (con 134 mila soldati e altrettanti poliziotti), meglio addestrate ed equipaggiate.

La protezione diretta dei seggi spetta infatti alla polizia mentre quella a più lungo raggio è affidata ai kandak (battaglioni) dell'esercito. Durante le operazioni di voto gli alleati si terranno lontani dai seggi per ragioni di opportunità e per non offrire terreno fertile alla propaganda talebana, che accusa le istituzioni di Kabul di essere in mano agli stranieri, ma in questi giorni molte pattuglie militari, anche italiane, vengono inviate a ispezionare le condizioni di sicurezza dei seggi, una sorta di ricognizione utile in caso di intervento d'urgenza. Per ogni eventualità in ogni provincia sono state predisposte delle forze di reazione rapida elitrasportate che nel settore occidentale a guida italiana verranno schierate sulle basi di Herat, Farah e Qal-i-Now con velivoli da trasporto Chinook e da attacco Mangusta.

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