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Teheran sospende la lapidazione di Sakineh

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Questo articolo è stato pubblicato il 09 settembre 2010 alle ore 08:01.


Il muro di Teheran, con i Pasdaran al posto dei Vopos della Ddr, si sta sgretolando? Non ancora, ma qualcosa si sta muovendo sotto il peso della imponente mobilitazione internazionale, visto che il "gigante" iraniano, come tutti i giganti, alla fine ha sempre i piedi di argilla.
Ieri le autorità iraniane hanno sospeso la sentenza di lapidazione per Sakineh, la donna condannata per adulterio e per presunta complicità con l'omicidio del marito; ma è meglio evitare i toni trionfalisti perché a parlare non sono stati i giudici di Tabriz o il capo della magistratura iraniana, bensì il ministero degli Esteri di Teheran, quello più esposto alle pressioni internazionali, e nello stesso tempo con meno potere diretto sulla vicenda. «Il verdetto riguardante la vicenda di tradimento extraconiugale è stato bloccato e sottoposto a revisione», ha detto il portavoce degli esteri Ramin Mehmanparast in un'intervista a una tv locale.
Mehmanparast ha spiegato che vi sono due procedimenti pendenti su Sakineh. Il primo - che riguarda l'adulterio, «consumato con diversi uomini» - è attualmente sotto il riesame della Corte suprema, comportando così una sospensione della lapidazione, mentre il secondo, che riguarda la presunta complicità nell'omicidio del marito, è ancora in attesa di una sentenza di grado minore.
La dichiarazione del portavoce iraniano è comunque un buon segnale che arriva all'indomani della decisa condanna della Ue, attraverso le parole del presidente della commissione Barroso che finalmente aveva trovato il tempo per bollare la sentenza come «una barbarie» dopo le pressioni soprattutto del ministro italiano Franco Frattini e di quello francese Bernard Kouchner.
E proprio questi due paesi sono stati oggetto, non a caso, di due pesanti attacchi del parlamento iraniano controllato dai conservatori guidati da Ali Larijani. «Le posizioni di Francia e Italia sono esempi perfetti di interferenza negli affari interni e nel sistema giudiziario iraniano. Simili interventi sono illegittimi e pura propaganda contro la repubblica islamica», ha detto all'Irna, un'agenzia ufficiale iraniana, Zohreh Elahian, autorevole esponente della commissione Affari esteri e sicurezza nazionale del Majilis, il parlamento iraniano. Ma ieri tutte e venti le società della Lega calcio di Serie A italiane si sono schierate a fianco della Roma che, attraverso il suo capitano Francesco Totti e il presidente Rosella Sensi, aveva espresso solidarietà per Sakineh.

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Tags Correlati: Ali Larijani | Bernard Kouchner | Carla Bruni | Corte Suprema | Francesco Totti | Francia | Irna | Issa Taheri | José Manuel Barroso | Majilis | Ministero degli affari Esteri | Politica | Roma | Rosella Sensi | Sakineh Mohammadi Ashtiani | Teheran |

 

La vicenda di Sakineh – iniziata grazie al coraggio personale dell'avvocato Mostafai, costretto alla fuga dal suo paese, uno dei soli 15 avvocati su 30mila che in Iran osano occuparsi di diritti umani, – sta costringendo il regime a dare spiegazioni sulla vicenda interna.
Sakineh Mohammadi Ashtiani, 43 anni e due figli, era stata condannata nel maggio 2006 per «relazione illegale» con due uomini e aveva immediatamente ricevuto una prima condanna di 99 frustrate. La donna è stata anche accusata di coinvolgimento nell'omicidio del marito da parte del cugino Issa Taheri, condannato all'impiccagione.
In quell'occasione Sakineh era stata assolta ma, poco dopo, i giudici avevano riaperto il dossier d'adulterio e condannato Sakineh a 10 anni di prigione. Successivamente, alla lapidazione. In un'intervista telefonica il portavoce del ministero degli Esteri Mehmanparast ha fatto sapere che la Corte sta ancora indagando sulle accuse di omicidio. La lapidazione in Iran esiste dal 1979, quando con la rivoluzione islamica fu introdotta la legge della sharia ed è prevista solo per i casi di adulterio, mentre per l'omicidio è prevista la pena di morte per impiccagione; nel caso di complicità in omicidio si rischiano 15 anni di carcere.
«È un caso come tutti gli altri - ha minimizzato il portavoce degli Esteri - si tratta di un dossier come molti altri che esistono in altri paesi» ha aggiunto senza rendersi conto come l'Iran dal giugno 2009 sia diventata una prigione a cielo aperto per migliaia di appartenenti al partito riformista, imprigionati, torturati in prigioni clandestine, costretti a confessare colpe mai commesse in processi di massa di stile staliniano, in fuga in Occidente per sfuggire alla galera.
I diritti umani, la trasparenza delle elezioni, del rispetto dello stato di diritto, stanno diventando il tema principale nella lotta politica in Iran, nonostante il regime cerchi di imporre all'attenzione del dibattito l'annoso dossier nucleare, per serrare le file contro i nemici esterni e avere il pretesto di chiudere la bocca ai riformisti interni.
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LE TAPPE DELLA VICENDA

Il caso legale
Sakineh Ashtiani, 43 anni, madre di due figli, viene condannata nel 2006 per adulterio e per il coinvolgimento nell'omicidio del marito. In Iran solo per la prima accusa si rischia la pena capitale per lapidazione. Il suo avvocato Mohammad Mostafai ha spiegato che la donna di origini azere non parlava bene il farsi, la lingua iraniana, e non ha capito le accuse che le venivano mosse
La mobilitazione
Per la liberazione della donna si sono mossi Carla Bruni e il ministro degli Esteri Bernard Kouchner in Francia, il presidente Napolitano e diversi politici in Italia. A Bruxelles il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso e l'Alto rappresentante per la politica estera Catherine Ashton. Numerose le manifestazioni di piazza soprattutto in Italia e Francia
La sospensione della sentenza
Il regime di Teheran ha ceduto alle pressioni internazionali. «Il verdetto sulla relazione extraconiugale è sospeso e sarà rivisto, l'accusa di omicidio sarà approfondita con altre indagini» ha detto ieri mattina il ministro degli Esteri, Ramin Mehmanparast. I media iraniani hanno tuttavia fatto capire che Sakineh potrebbe essere giustiziata con l'impiccagione

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