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Per la difesa non fu Scaglia ad avviare le «Phuncards»

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2010 alle ore 08:01.

Si riaccende lo scontro sul caso Scaglia e il fondatore di Fastweb si difende. La pubblicazione dei verbali di interrogatorio degli indagati ha riportato sotto i riflettori la spinosa vicenda della maxi-truffa telefonica da due miliardi di euro che ha coinvolto anche Telecom Italia Sparkle. Bruno Zito, considerato dai pm uno gli artefici materiali del finto traffico telefonico delle «Phuncards» in Fastweb, ha attribuito ogni responsabilità sull'amministratore delegato di Fastweb. Tutti l'hanno interpretata come un'accusa verso Scaglia, ma il fondatore di Fastweb, che non può parlare né vedere nessuno dagli arresti domiciliari di Champoluc, tramite i suoi avvocati, ha fatto negare ogni addebito: semplicemente non era lui l'amministratore delegato di Fastweb all'epoca. «Non fu Silvio Scaglia ad avviare l'operazione Phuncards di traffico telefonico» al centro dell'inchiesta sul maxi-riciclaggio da 2 miliardi di euro della procura di Roma che ha coinvolto gli ex vertici di Fastweb e Telecom Italia Sparkle (Tis) in carica tra il 2003 e il 2007. Lo ribadiscono Pier Maria Corso e Antonio Fiorella.
Il processo vero e proprio sul caso delle false fatture e della giostra di traffico telefonico servito ipoteticamente per riciclare denaro e far eleggere il senatore Di Girolamo, inizierà soltanto tra due mesi eppure lo scontro è tornato acceso. Il ruolo di Scaglia è uno dei nodi cruciali dell'indagine: fin dallo scoppio del caso Scaglia ha sempre detto di essere all'oscuro di tutto e che Fastweb è stata vittima della truffa. Zito sarebbe solo una «mela marcia», l'unico responsabile del coinvolgimento di Fastweb. La linea difensiva sostenuta in questi mesi è chiara: il business delle «Phuncards», le carte prepagate, fu portato in Fastweb da Zito, allora responsabile del settore grandi aziende; Scaglia riteneva, come tutti in azienda, che l'operazione fosse lecita, ignorando che fosse traffico fittizio; l'operazione fu bloccata dal cda e dal comitato di controllo interno al fine di effettuare verifiche in quanto produceva un flusso di cassa molto elevato e riprese solo a settembre 2003, dopo gli opportuni approfondimenti condotti dal comitato di controllo interno. «Nella fase 2001-2003 io mi occupavo di strategie generali. Non ho mai trattato personalmente contratti commerciali» ha a più riprese dichiarato Scaglia, ai magistrati Giancarlo Capaldo, Giovanni Bombardieri e Francesca Passaniti.

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Tags Correlati: Antonio Fiorella | Bruno Zito | Carlo Focarelli | Carlo Micheli | Fastweb | Gennaro Mokbel | Internet | Pier Maria Corso | Silvio Scaglia | Telecom

 

Zito, invece, nei verbali ha attribuito proprio a Scaglia la responsabilità ultima: «La decisione di prendere le carte false, è stata presa da Scaglia ed Emanuele Angelidis (allora amministratore delegato, appunto, ndr)». Lo stesso Angelidis, quando è stato interrogato dai pm, ha spiegato che fu Zito a proporre il commercio delle carte prepagate, un business che fu interrotto nell'estate del 2003, a causa delle perplessità espresse dal comitato di controllo, per poi riprendere a settembre dello stesso anno, dopo il via libera del cda e dello stesso comitato del 29 agosto.
Angelidis ha fatto acquisire agli atti una mail in cui Carlo Micheli, che aveva a più riprese espresso perplessità sull'operazione, acconsente alla ripresa del «business delle carte prepagate» dopo aver ricevuto «il parere del professor Rossi». Nuovi tasselli e precisazioni che alleggeriscono la posizione di Scaglia: il più dirimente sembra essere l'assenza di legami con Carlo Focarelli, manager che architettò la truffa insieme a Gennaro Mokbel, considerato il capo dell'associazione a delinquere: «Scaglia non l'ho mai incontrato in vita mia». S.Fi.
D.Lu.
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