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«La democrazia parlamentare a Mosca? Una catastrofe»

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Questo articolo è stato pubblicato il 11 settembre 2010 alle ore 08:02.

Vladimir Putin aveva tenuto la scena per giorni, lasciandolo sbiadito sullo sfondo dei resoconti dalla Russia, Dmitrij Medvedev se l'è ripresa ieri a Yaroslavl. Nel suo secondo Global Policy Forum, una specie di Davos sul Volga dedicata alla democrazia e alle sue diverse manifestazioni e a domande come: il volto che sta assumendo in Russia è democrazia autentica?

Per rispondere il presidente russo ha invitato nella città che compie mille anni politici e politologi, giornalisti e studiosi, anche qualche piccola voce critica. Ha discusso a lungo di riforme e modernizzazione, termini che il suo primo ministro, Putin, sembrava aver dimenticato nei suoi incontri di Soci dei giorni scorsi in cui, allo stesso modo, ha parlato a lungo con interlocutori internazionali. Privilegiando però la parola stabilità rispetto a democrazia: così il racconto di Yaroslavl e di Soci diventa un confronto a distanza tra i due protagonisti del tandem che governa la Russia. Nel tentativo di capire che direzione prenderà il paese: il 2012 e le sue elezioni non sono poi così vicini, ma una campagna elettorale a due voci è già iniziata.

Le voci si porranno una contro l'altra o canteranno nello stesso coro? Per Silvio Berlusconi, ospite del Forum, non c'è dubbio: sia Putin che Medvedev sono «due doni del Signore al popolo russo», il presidente del Consiglio non dubita sulla loro volontà di proseguire sulla strada della democrazia. Eppure a Yaroslavl, Medvedev è parso difendere il modello di democrazia prudente introdotto da Putin, quella "democrazia sovrana" inventata dall'ideologo del Cremlino, Vladislav Surkov, che ammiccava sornione al suo fianco. «Ci parlano di democrazia parlamentare - ha detto il presidente russo - i nostri amici kirghizi hanno imboccato quella strada. Ma per la Russia, e temo anche per il Kirghizistan, una democrazia parlamentare sarebbe una catastrofe». Nell'ex repubblica sovietica dell'Asia centrale il governo, sopravvissuto in primavera a una terribile rivolta etnica, ha approvato una Costituzione che riduce i poteri del presidente. Chi esprime giudizi sulla democrazia russa, ha continuato ieri Medvedev, chi la chiama regime totalitario, «mente o ha una memoria terribile». Praticamente non c'è mai stata democrazia in Russia, «non quando siamo stati governati da zar e imperatori, non nel periodo sovietico. Siamo un paese con mille anni di storia autoritaria».

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Tags Correlati: Cremlino | Dmitrij Medvedev | Global | Governo | Lev Ponomariov | Russia | Silvio Berlusconi | Vladimir Putin | Vladimir Vladimirovich | Vladislav Surkov | Volga | Yaroslavl

 

Un cammino diverso è stato scelto di recente e Medvedev, che afferma di conoscere i difetti della democrazia russa più di ogni altro, la definisce «giovane, immatura, incompleta e con poca esperienza». Così si giustificherebbero i limiti legali che si devono porre alla libertà di parola e di manifestazione: concetti simili, ma termini diversi, rispetto a Putin che rivendicava la necessità di prendere a randellate sulla testa chi oltrepassa i limiti di queste libertà. Chissà se pensava aa Lev Ponomariov, veterano dei diritti umani in Russia, un uomo di 70 anni condannato ad alcuni giorni di carcere per due volte, nel giro di poche settimane.

Il sistema russo «non ha bisogno di alcun cambiamento - ha detto Medvedev - non perché non sia consentito, ma perché non è necessario». Linea prudente che ancora riecheggia le parole di Putin, e potrebbe far pensare a una riedizione del tandem per i prossimi anni, magari scambiando le poltrone. Anche se quel che sembra sicuro, per ora, è che il mestiere di presidente piace a entrambi. «I programmi esposti dal presidente non sono stati formulati solo per uno, due o tre anni - ha spiegato ieri la portavoce di Medvedev, Natalja Timakova - gli obiettivi che si pongono vanno oltre i termini di un mandato presidenziale». Ma a nessuno, aveva rivelato Putin a Soci, il mestiere di presidente interessa quanto a lui, Vladimir Vladimirovich. Che per rafforzare i propri propositi ha citato un precedente illustre, il presidente Roosevelt. «Eletto per quattro volte di fila perché questo non contraddiceva la Costituzione americana».

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