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Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2010 alle ore 14:11.
ROMA - Dopo la pausa estiva, l'inchiesta della procura di Roma sulla P3 si prepara a decollare. Con nuove iscrizioni nel registro degli indagati, che saranno decise in settimana, anche alla luce delle rivelazioni dell'imprenditore Arcangelo Martino che, interrogato in carcere il 19 agosto, ha tra l'altro confermato che lo pseudonimo "Cesare" veniva usato dagli indagati della presunta loggia per indicare il premier Silvio Berlusconi. Il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e il sostituto Rodolfo Sabelli stanno valutando le posizioni di tutte le persone tirate in ballo, a vario titolo, nelle intercettazioni.
A rischio sarebbero soprattutto l'ex presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone, e l'ex avvocato generale di Piazza Cavour, Antonio Martone. Al vaglio degli inquirenti anche le posizioni del capo degli ispettori di via Arenula, Arcibaldo Miller, del presidente della Corte d'appello di Milano, Alfonso Marra, del giudice Umberto Marconi, ex presidente della Corte d'appello di Salerno chiamato in causa per i falsi dossier contro il governatore campano Stefano Caldoro, e del presidente lombardo Roberto Formigoni, che sembra destinato a rimanere testimone.
Martino è uno dei tre arrestati per associazione a delinquere finalizzata alla violazione della legge Anselmi, accusa che coinvolge anche Flavio Carboni e l'ex giudice tributario Pasquale Lombardi, entrambi in carcere, e gli esponenti del Pdl Denis Verdini, Marcello Dell'Utri, Giacomo Caliendo e Nicola Cosentino. Nell'interrogatorio Martino ha ammesso che le riunioni a casa di Verdini servivano a discutere il destino del Lodo Alfano e gli interventi sulla Corte costituzionale, nonché a pilotare il ricorso in Cassazione della Mondadori per una presunta evasione fiscale da 450 milioni, facendolo spostare dalle sezioni tributarie alle sezioni unite. Martino ha riferito che Lombardi si vantò di essere intervenuto sul presidente della Suprema corte, Vincenzo Carbone, e sul pg Vitaliano Esposito, che ieri ha smentito seccamente ogni coinvolgimento. Ma l'imprenditore ha anche svelato nuovi scenari: Ernesto Sica, ex assessore della Regione Campania, anch'egli indagato, gli avrebbe detto che Berlusconi deve a lui la caduta, nel 2008, dell'ultimo governo Prodi, in quanto convinse diversi senatori del centrosinistra a votare la sfiducia in cambio di laute somme di denaro messe a disposizione da un imprenditore campano. Tra i nomi citati da Sica, quelli di Giulio Andreotti e Giuseppe Scalera. Che annuncia querele: «È un'operazione di sciacallaggio politico. Non ho mai incontrato Martino, né Sica. Non ho mai preso un euro da nessuno». Martino ha inoltre chiarito i suoi rapporti con Formigoni, al quale lo legherebbe un debito di riconoscenza: sarebbe intervenuto per fare operare la moglie, gravemente malata, da un illustre professore di Milano.