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Le lobby americane all'attacco di Obama

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2010 alle ore 14:55.
L'ultima modifica è del 12 settembre 2010 alle ore 15:00.

«Giorni da cani per Obama», «I democratici di Obama si preparano a un imminente fallimento elettorale su tutti i fronti», «Crolla la popolarità di Obama». Si tratta di alcuni dei titoli più comuni in questi giorni. Sembra che il mondo intero sia arrabbiato con Obama. Perfino Desmond Tutu, il benevolo arcivescovo sudafricano, ha pubblicato un articolo di feroce critica contro il presidente. Perché? Il governo statunitense ha ridotto i fondi per la lotta contro l'Aids in Africa.


«La camera di commercio perde le sue battaglie contro Obama» ha titolato il Washington Post, informandoci che la potente lobby aziendale spende ogni settimana tre milioni di dollari in campagne progettate per far deragliare le iniziative del presidente. I direttori della camera di commercio sono furibondi perché i loro sforzi non hanno prodotto risultati - cosa cui non sono abituati.

Ma non si tratta solo degli imprenditori: «Per il movimento dei lavoratori statunitensi, il primo anno della presidenza di Obama è stato un vero disastro», ha scritto un sindacalista in un editoriale, sempre sul Washington Post.

La loro protesta è la stessa: Obama non fa ciò che loro vogliono. E lo stesso succede con la casta di Wall Street. «I titani finanziari di New York si sentono minacciati. Obama li ha sostituiti», annuncia un altro titolo.

I fondi per le campagne elettorali una volta si ottenevano grazie a donazioni raccolte nel corso di cene nelle sontuose abitazioni dei magnati della finanza, alla presenza del presidente. Obama non vi partecipa più e prende le distanze dai banchieri. «Alcuni dei donatori si lamentano non soltanto del fatto che Obama abbia loro negato importanti incarichi di governo, ma che addirittura non li inviti ai ricevimenti e alle cene alla Casa Bianca», ha spiegato l'articolo del Post. E così per gli altri. I militari sono infastiditi perché i loro bilanci hanno subìto per la prima volta considerevoli tagli, gli ambientalisti sono furiosi perché Obama non appoggia le loro richieste su leggi più restrittive, l'industria petrolifera perché ha dovuto subire rigide regolamentazioni a salvaguardia dell'ambiente, la lobby ebraica perché Obama sta facendo pressioni sul governo israeliano per ottenere concessioni a favore dei palestinesi, le industrie farmaceutica e ospedaliera non perdonano la riforma sanitaria e le banche continuano a essere indignate per l'imposizione delle nuove regole. E non dimentichiamo i 15 milioni di disoccupati. Per fortuna sembra che Michelle Obama e le due figlie amino ancora il presidente.

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Tags Correlati: Camera dei deputati | Camera di Commercio | Columbia Broadcasting System | Desmond Tutu | George W. Bush | Graziella Filipuzzi | Imprese | Michelle Obama | Senato | Stati Uniti d'America | Wall Street

 

Come è potuto succedere? Obama, da personaggio politico che ha ispirato il mondo intero, pare essersi trasformato in un presidente continuamente accusato di non essere in grado di comunicare con il proprio paese e di mantenere una fastidiosa distanza con le masse che fino a poco fa lo adoravano. Senza dubbio il presidente e la sua squadra di governo hanno commesso degli errori. Ma non è questo l'aspetto più importante. Ciò che più colpisce è il profondo malessere economico che si respira nel paese. Alla gente non interessa, né sembra ricordarsi, che Obama ha ereditato una catastrofe e che, bene o male, ha evitato un tracollo economico di maggiori dimensioni. Ciò di cui le persone si preoccupano è piuttosto il fatto che non riescono a trovare lavoro e percepiscono come una minaccia il proprio futuro economico.

Secondo un sondaggio Gallup, soltanto il 4% dei cittadini statunitensi considera i conflitti armati o il terrorismo le principali preoccupazioni. Invece, il 66% degli intervistati dichiara l'economia quale fonte primaria di apprensione. Un'altra inchiesta, condotta dall'emittente Cbs, rivela che solo il 13% degli americani ritiene di aver tratto vantaggio dai programmi economici di Obama, mentre il 63% crede che questi non abbiano sortito alcun effetto - un'impressione, quest'ultima, innegabilmente erronea. Sono state le campagne degli avversari di Obama a rafforzare queste percezioni negative.

Obama ha toccato diversi e importanti interessi. Le riforme da lui promesse sono state reclamate e applaudite - ma solo finché non sono state attuate. Ovviamente i più colpiti si sono mobilitati per cercare di impedire i cambiamenti e indebolire Obama, con qualsiasi mezzo. Per esempio: ci sono prove inconfutabili sul fatto che Obama sia nato alle Hawaii e sia di religione cristiana. Ciononostante, il 27% degli americani continua a credere che il presidente non sia nato negli Stati Uniti, e il 18% crede sia islamico. Si tratta di percentuali generate senza dubbio dal malessere economico e dalle campagne che cercano di minare il potere di Obama.

Come se non bastasse, si avvicinano le elezioni del 2 novembre, dove si metterà in gioco un terzo dei seggi del senato, l'intera camera dei deputati e le cariche a governatore di 28 stati. Tutto sembra indicare che il partito democratico perderà la maggioranza goduta fino ad ora nella camera bassa, e manterrà un controllo precario del senato.

È stato molto difficile per Obama governare il paese ereditato da George W. Bush. Governarlo con l'eredità delle reazioni generate dai cambiamenti che Obama stesso ha portato a termine ritenendoli indispensabili sarà paradossalmente più difficile.

(Traduzione di Graziella Filipuzzi)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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