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Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2010 alle ore 15:25.
Il super-saturday degli Us Open, ovvero il tennis al servizio della programmazione televisiva, regala per lo meno una finale inedita. Rafa Nadal per la prima volta in carriera è ad un passo dalla conquista dell'unico trofeo che ancora manca al suo prestigioso palmarés. A contendergli il titolo troverà Novak Djokovic che, qui, era già stato finalista nel 2007 ma che non era mai riuscito a sconfiggere Federer sui campi di Flushing Meadows. Proprio lo svizzero aveva fermato per tre volte consecutive (una in finale e due in semifinale) la rincorsa del serbo verso la conquista del trofeo.
All'ennesimo appuntamento con la storia, Rafa ci arriva dopo aver praticamente passeggiato contro Mikhail Youzhny. Una partita che soltanto i più inclini a fantasie romanzesche potevano vedere come la rivincita di quel match giocato nel lontano 2006, quando un Nadal in cattive condizioni e ancora incapace di adeguare il suo gioco al duro cemento, si era lasciato domare in quattro set dal russo. Da allora, è vero, sono passati pochi anni ma il tennista che abbiamo visto in campo nelle ultime due settimane non è nemmeno parente di quello spagnolo inesperto, che arrancava sulla superficie sintetica. Youzhny, invece, è rimasto più o meno lo stesso. Inevitabile , allora, che questa macchina da guerra capace di perdere un solo turno di battuta nelle precedenti 5 partite trattasse il suo avversario alla stregua di uno sparring-partner. Poco più di due ore per chiudere il match con un inappellabile 6/2, 6/3, 6/4.
L'atttenzione, però, era tutta puntata sull'altro incontro, dall'esito ben più imprevidibile a dispetto dei precedenti newyorkesi dei due protagonisti. Un Roger Federer reduce da un'annata a dir poco deludente si trovava ad affrontare un rivale agguerrito e in grande spolvero. E la sfida non ha certo deluso le aspettative, offrendo quasi 4 ore di grande tennis e infiammando il pubblico che affollava gli spalti dell'Arthur Ashe. Se lo svizzero andava a caccia della settima finale consecutiva , Djokovic cercava qualcosa di ben più importante: la conferma di essere ancora quel candidato al trono del tennis che tutti avevano intravisto due anni fa a Melbourne.