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Big italiani già sopra i limiti

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 settembre 2010 alle ore 08:04.


Tutti li temevano. Tutti li aspettavano con ansia. Ma alla fine i tempi e i numeri usciti dall'accordo di Basilea appaiono meno severi del previsto. Tanto che gli analisti ostentano tranquillità: a loro avviso le banche italiane non hanno bisogno di aumenti di capitale nell'immediato per rispettare le nuove soglie minime di capitale imposte dal Comitato di Basilea. Secondo le stime di Banca Leonardo, il sistema bancario italiano nel 2012 avrà mediamente un "core tier 1" (uno dei principali indicatori di forza patrimoniale) all'8%: livello ben superiore rispetto al 3,5% minimo previsto per il 2013 e anche rispetto al 7% imposto dal 1° gennaio 2019. Per 9 anni – mantenendo invariati tutti gli altri parametri – le banche italiane sarebbero dunque mediamente a posto. Ovvio, però, che questa è la media: alcuni istituti, in realtà, potrebbero avere bisogno in prospettiva di nuovi capitali. Gli esperti di Banca Leonardo indicano, tra i più deboli, Montepaschi, Banco Popolare, Banca Carige. Un report di Credit Suisse definisce «sottocapitalizzato» l'istituto senese. Altri includono nella lista anche il Credito Valtellinese. Ma si tratta di istituti che erano più deboli anche prima delle nuove regole di Basilea.
Calcolare ora quanti capitali serviranno alle banche italiane nei prossimi anni è difficile. Le variabili sono talmente tante che qualunque calcolo potrebbe essere smentito. Infatti anche a livello mondiale sono state effettuate solo stime spannometriche. La Federazione bancaria europea lamenta che gli istituti di credito mondiali avranno bisogno di «parecchie centinaia di miliardi di euro». Il governatore della banca centrale olandese, Nout Wellink, abbozza cifre simili. L'agenzia di rating Fitch ha dato qualche dettaglio in più: a suo avviso sono 17 le banche mondiali che avranno bisogno di nuovo capitale, per 120 miliardi di dollari. Nel caso estremo, 35 istituti necessiterebbero di 420 miliardi. Ma l'agenzia non ha voluto comunicare la lista delle banche. Dunque la cifra resta vaga. E nulla racconta sull'Italia.
Per gli istituti made in Italy si possono dunque solo avanzare alcune ipotesi. Con un punto fermo: in linea generale, l'allungamento dei tempi di entrata in vigore di Basilea 3 al 2019 lascia le principali banche in una situazione di relativa tranquillità. Sia UniCredit (che alla fine del primo semestre 2009 aveva un Core Tier 1 dell'8,41%) che Intesa Sanpaolo (7,7% alla stessa data) hanno già coefficienti patrimoniali ben superiori ai nuovi target di Vigilanza al 2019. Ed entrambi i gruppi hanno in cantiere, soprattutto Intesa Sanpaolo, operazioni di capital management destinate a rafforzare ulteriormente i coefficienti patrimoniali. Vero è che le Autorità nazionali potrebbero imporre un "cuscinetto" ulteriore di capitale per le banche di rilevanza sistemica – il Credit Suisse ipotizza in un report un ulteriore 2,5% –, ma questa è un'aggiunta ancora tutta da verificare.

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Tags Correlati: Anna Benassi | Banca del Monte dei Paschi di Siena | Banca Mondiale | Banco Popolare | Comitato di Basilea | Intesa Sanpaolo | Italia | Nout Wellink | Su Siena | Ubi Banca

 

È già oltre gli obiettivi di Basilea 3 anche il gruppo Ubi Banca, che a fine giugno aveva un Core Tier 1 del 7,34%. Livello cui potrebbero aggiungersi oltre 75 punti base derivanti dalla conversione del prestito obbligazionario da 640 milioni emesso oltre un anno fa. Meno scontata, sulla base dei dati semestrali, la posizione di Banco Popolare e Monte Paschi di Siena che, secondo i giudizi preliminari degli analisti, restano tra le banche europee che, fotografando la situazione contabile a oggi, necessiterebbero di un aumento di capitale. A fine giugno, il Banco Popolare aveva un Core Tier 1 del 6,1%. Livello destinato a salire al 7,3% – secondo le previsioni della banca – conteggiando già la cessione di Factorit (in via di perfezionamento) e l'eventuale conversione del prestito obbligazionario soft mandatory da un miliardo. Mps, invece, aveva al 30 giugno un Core Tier 1 del 7,3% (poi salito al 7,7% con l'adozione della versione advanced di Basilea 2). In entrambi i casi, però, i dati ricomprendono anche i Tremonti Bond: 1,45 miliardi per il Banco Popolare, 1,9 miliardi per Mps.
E proprio i Tremonti-bond (cioè gli aiuti di stato utilizzati anche da Bpm e CreVal) rappresentano un'incognita. Gli accordi di Basilea prevedono che potranno essere mantenuti fino al 2018, ma dato che sono molto costosi è probabile che le banche italiane vogliano rimborsarli entro il 2013. «Questo – calcola Anna Benassi, responsabile ufficio studi di Banca Leonardo – eroderebbe il "core tier 1" del Banco Popolare fino al 5,2% nella peggiore delle ipotesi e fino al 6,2% nel caso di utilizzo del bond convertibile. E il Montepaschi scenderebbe al 6,5%». Per questo entrambe le banche hanno in cantiere una serie di dismissioni di attivi, destinate a far recuperare punti di Core Tier 1. Di tempo ce n'è. Basilea 3 ne ha concesso più del previsto: fino al 2019.
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