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Napolitano: avanti con il federalismo realmente solidale

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Questo articolo è stato pubblicato il 15 settembre 2010 alle ore 08:05.

ROMA - Il convoglio del federalismo fiscale è in moto. Non si può tornare indietro, perchè lo prevede il nuovo titolo V della Costituzione, nè si può ipotizzare di «mettere i bastoni alle ruote» a questo processo o «giocare con le parole». L'unico federalismo possibile nel nostro paese «è solidale e cooperativo. Questi sono i caratteri che devono essere rispecchiati nei provvedimenti che il Parlamento dovrà di volta in volta adottare», prima di tutto nei decreti legislativi attuativi della delega approvata nel maggio dello scorso anno.

Il messaggio che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ha condensato ieri in una parte del suo discorso agli amministratori di Salerno appare chiaro: le risorse dirette al Mezzogiorno devono essere più coordinate e occorre una regìa al livello nazionale. E tuttavia il capo dello stato rifiuta nettamente rappresentazioni e immagini «fuorvianti e spesso caricaturali» che vengono offerte sulla situazione del sud d'Italia, «tutte in nero del Mezzogiorno e tutte in bianco, o bianco-oro, del centro-nord». Basta rileggere gli studi più recenti della Banca d'Italia, che all'argomento ha dedicato nel novembre dello scorso anno un convegno: gli spazi di crescita - osserva Napolitano citando proprio l'intervento del governatore Mario Draghi - «sono molto più ampi al sud che al nord».
L'imperativo è la crescita, pur nella consapevolezza che occorre perseguire con determinazione l'obiettivo del risanamento dei conti pubblici. Per il Mezzogiorno tornare a tassi di sviluppo sostenuti è vitale, proprio per colmare il persistente divario, in termini di ricchezza e occupazione, che divide l'Italia esattamente in due.
Se il tasso di disoccupazione a livello nazionale risulta «minore rispetto ad altri paesi europei», occorre altresì essere consapevoli che «questo tasso comprende un livello più elevato per i giovani dai 15 ai 29 anni. Troppi sono in condizioni di non avere un lavoro avendo concluso il ciclo della formazione educativa».

Napolitano si richiama direttamente a quanto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti ha sostenuto in due recenti interventi: la questione meridionale è «questione nazionale e non la sommatoria di interessi regionali», e lo stato «deve tornare a fare di più e molto di più per il Mezzogiorno».

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Tags Correlati: Banca d'Italia | Federalismo | Giorgio Napolitano | Giulio Tremonti | Mario Draghi | Ministero per gli Affari Regionali | Raffaele Fitto | Salerno | Sud

 

In primo luogo, è fondamentale inquadrare «conoscere, esaminare» lo stato di salute reale del sud attraverso gli studi e le analisi disponibili, sgombrando il campo da quelle che il capo dello stato definisce «polemiche e schermaglie spesso fantasiose sui dati». Finora è venuto meno un esame «attento nelle sedi istituzionali, a cominciare dal Parlamento, e anche nelle sedi politiche, delle elaborazioni provenienti da fonti tecniche e governative».
È la sorte toccata da ultimo al rapporto annuale 2009 sugli interventi nelle aree sottosviluppate che è stato presentato a metà luglio dal ministro degli Affari Regionali, Raffaele Fitto. «Che fine ha fatto», chiede Napolitano? Poi evidentemente si apre la vexata quaestio delle risorse, che chiama in causa direttamente la capacità di selezionare, progettare e attuare i singoli programmi. Responsabilità che spettano in primo luogo alle regioni», perchè le risorse devono essere non solo programmate «ma realmente disponibili».
Del resto - conclude il presidente- i veri meridionalisti «non sono mai indulgenti e non possono esserlo ora verso ciò che nel Mezzogiorno non va, dunque verso le insufficienze delle classi dirigenti, le rappresentanze istituzionali, le amministrazioni e in definitiva le forze politiche che vengono oggi al pettine nel processo di attuazione del federalismo».

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