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Questo articolo è stato pubblicato il 15 settembre 2010 alle ore 20:50.
Meno 279 milioni di euro. A tanto ammonta il taglio che ha subito nel 2010 il fondo di funzionamento ordinario delle università, deciso da viale Trastevere, con un decreto. Una notizia che arriva mentre in commissione Cultura alla Camera è iniziato il giro di boa del ddl di riforma degli atenei, con l'auspicio del ministro Mariastella Gelmini di far diventare legge il provvedimento entro l'autunno. Rispetto ai 7,485 miliardi di euro di finanziamenti ricevuti nel 2009, che servono a pagare le spese correnti delle facoltà come gli stipendi del personale, quest'anno lo Stato staccherà un assegno pari a 7,206 miliardi, in calo del 3,72 per cento.
«La situazione è molto grave», denuncia Andrea Lenzi, presidente del Cun, il Consiglio universitario nazionale, organo consultivo di viale Trastevere, che in serata ha inviato al ministero un parere negativo sul taglio, in più comunicato «con enorme ritardo rispetto all'avvio delle attività di programmazione». Purtroppo quest'anno, spiega Lenzi, il governo non è riuscito a trovare risorse extra per compensare la sforbiciata, come accaduto nel 2009, grazie agli introiti dello scudo fiscale.
Ma la preoccupazione maggiore è per il 2011 e 2012, dove per effetto della manovra di Tremonti il fondo di funzionamento degli atenei subirà una ulteriore cura dimagrante, rispettivamente, di 1,335 miliardi e 1,433 miliardi, scendendo a poco più di 6 miliardi. «Se non si troveranno le risorse necessarie - denuncia Lenzi - rischieranno di chiudere i battenti ben 30 università». Il decreto ministeriale mantiene intatte tutte le destinazioni specifiche delle risorse, mobilità docenti, chiamate dirette studiosi, dottorati di ricerca, handicap, e in più fa salire dal 7% del 2009 all'attuale 10% la quota premiale, impegnando complessivamente 720 milioni, a testimonianza, conclude Lenzi, che «ormai la strada della valorizzazione del merito è intrapresa e difficilmente potrà tornare indietro».